– A cura del Generale di Corpo d'Armata Luigi Chiapperini*
Alcuni commentatori continuano a evidenziare presunte grosse difficoltà russe che, pur avendo forze armate numericamente e qualitativamente superiori all’Ucraina, non riuscirebbero a chiudere rapidamente il conflitto a loro favore.
È importante sottolineare che i rapporti di forza non vanno fatti sulle unità militari totali disponibili da una nazione ma su quelle che effettivamente si trovano a fronteggiarsi nelle varie fasi di un conflitto. Li chiamiamo rispettivamente rapporti di forza totali e dinamici. Sono questi ultimi che vanno considerati: il confronto va fatto nelle aree di operazione e poi anche sulle diverse linee di contatto. Allora scopriremmo che il rapporto di forza in questo conflitto tra forze russe attaccanti e quelle ucraine in difesa è all’incirca di 1 a 1 (più di centomila soldati per entrambi gli schieramenti). Una forza militare attaccante invece dovrebbe essere circa tre volte quella in difesa e pertanto verrebbe da dire che i russi abbiano attaccato con forze non sufficienti. Ma non è così semplice e va fatta un’altra considerazione: la Russia ha moltiplicatori di forza decisivi come le forze aeree e quelle missilistiche superiori, oltre ad avere avuto la possibilità di attaccare l’Ucraina da ben tre diverse direzioni: nord, est e sud.
I due fattori che possono aver influito sulla progressione russa
Alcuni commentatori ritengono comunque la progressione russa alquanto deludente. È così? Anche qui possono essere fatte alcune considerazioni. La prima è che la dottrina su cui si basa l’esercito russo è essenzialmente quella dell’ex Patto di Varsavia anche se sono subentrate alcune novità, la più importante delle quali il lancio sul davanti del dispositivo di attacco dei cosiddetti Gruppi Tattici di Battaglione. Detta dottrina prevede una penetrazione di circa 30 Km al giorno nel caso di nemico fortemente organizzato al terreno e di circa 70 Km al giorno in caso di nemico scarsamente organizzato. In alcuni casi, come nello sforzo in atto dalla Crimea verso nord, questi obiettivi sono stati raggiunti con circa 300 km coperti in 6 giorni mentre in altre aree le distanze sono state minori, tra i 50 e i 100 km, con obiettivi raggiunti nei tempi previsti (dopo cioè due o tre giorni) ma di fronte ai quali poi di fatto l’avanzata si è bloccata per avviare i più complessi combattimenti negli abitati e/o effettuare l’avvicendamento con le unità inizialmente in seconda schiera. Qui ci sono da considerare almeno due fattori che possono aver influito negativamente sulla progressione russa. Il primo è connesso con le aree da attraversare che in Ucraina sono pianeggianti e densamente abitate. I centri abitati, specialmente quelli di medie e grandi dimensioni, consentono ai difensori di imporre battute di arresto alle forze attaccanti (e lo stiamo vedendo a Kiev, Kharkiv, Mariupol e la stessa Kherson che sembra essere stata conquistata dopo giorni di combattimento). L’altro è relativo alla disponibilità da parte ucraina di sistemi d’arma controcarro micidiali, come ad esempio i Javelin, forniti da alcuni paesi occidentali. Dette armi pare stiano infliggendo parecchie perdite alle formazioni corazzate russe.
Attesa per i negoziati in Bielorussia
Intanto si terranno a breve i nuovi negoziati in Bielorussia tra i due Paesi. Come già detto qualche giorno fa, i russi tenderanno verosimilmente a chiedere: il riconoscimento formale delle due Repubbliche popolari di Donetsk e di Luhansk ma ora con un territorio allargato all’intero Donbass, l’accettazione dell’annessione della Crimea alla Russia, l’esclusione dell’Ucraina da ogni piano di adesione alla NATO (Putin l’ha chiamata “smilitarizzazione”) e nuove elezioni (nel suo gergo “denazificazione”). Putin aveva anche ribadito che non avrebbe occupato l’Ucraina (“i nostri piani non includono l’occupazione dei territori ucraini. Non imporremo nulla a nessuno con la forza.”) ma tra il dire e il fare… È pertanto possibile che a questo punto chieda l’annessione formale alla Russia, oltre che della Crimea, anche del territorio intorno a Mariupol (sede di violenti scontri ancora in atto). La continuità territoriale tra Crimea e Donbass chiuderebbe in una morsa russa il Mare d’Azov che diventerebbe così il loro Mare Nostrum.
L’Ucraina avrà probabilmente più o meno margine di manovra negoziale a seconda della situazione militare sul terreno. Una completa sconfitta non gli lascerebbe spazio e potrebbero dover soffrire anche la perdita di ulteriori territori oltre al Donbass come sopra ipotizzato. Sarebbe in pratica la fine dell’Ucraina come l’abbiamo conosciuta, anche se dovesse essere accettato il suo ingresso nell’Unione Europea. Nel caso in cui le forze armate del presidente Zelensky dovessero invece resistere ancora per molto tempo tenendo in scacco le unità russe, allora è possibile che Putin si accontenti di quello che riteniamo possa essere un risultato minimo, cioè la Crimea riconosciuta russa, le due Repubbliche popolari di Donetsk e di Luhansk indipendenti e la promessa di non ingresso dell’Ucraina nella NATO. Si tratta di mere ipotesi di sviluppo della situazione ma tutto è così aleatorio anche perché è aleatoria la situazione militare sul terreno.
* Generale di Corpo d'Armata Luigi Chiapperini, già pianificatore nel comando Kosovo Force della NATO, comandante dei contingenti nazionali NATO in Kosovo nel 2001 e ONU in Libano nel 2006 e del contingente multinazionale NATO in Afghanistan tra il 2012 e il 2013, Vice Capo del Reparto Pianificazione Generale e Direzione Strategica / Politica delle Alleanze presso lo Stato Maggiore Difesa, Capo Ufficio Generale del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, attualmente membro del Centro Studi dell’Esercito, presidente dei lagunari dell’A.L.T.A. e collaboratore del Campus universitario CIELS di Padova.