Il fratello di Taissir, morto a Modena: “Picchiati in caserma, poi non so cos’è successo: chi sa parli”
“Chi sa, parli”. È l'appello lanciato durante un'intervista a Fanpage.it da Mohamed, fratello maggiore di Taissir Sakka, il 31enne trovato senza vita nel parcheggio del Cinema FilmStudio 7b, in via dell’Abate, vicino alla stazione di Modena, con una ferita alla testa, al mattino di domenica 15 ottobre scorso.
Gli esiti dell’autopsia, come reso noto nei giorni seguenti dalla procura modenese, non hanno ancora portato ad alcuna certezza sul decesso, ma allo stesso tempo hanno escluso che il giovane di origine tunisina sia morto per traumi legati ad un’azione violenta. Fra le ipotesi più accreditate, al momento, c'è anche quella che rimanda il decesso a cause naturali, forse un arresto cardiaco ma i periti hanno a disposizione novanta giorni di tempo per rispondere ai quesiti degli inquirenti.
“Mio fratello era in salute, stava bene e in famiglia non abbiamo mai avuto problemi di questo tipo -dice Mohamed-. Non lo so se è stato ucciso, non accuso nessuno e non ce l'ho con nessuno, voglio solo capire cosa gli è successo”.
Taissir "aveva dei piccoli precedenti ma non era mai stato in carcere" spiega il fratello, di cinque anni più grande, descrivendolo come “un ragazzo normale, uno come tanti altri. Era molto conosciuto a Modena, a volte lavorava, altre prendeva la disoccupazione. L'ultimo lavoro è stato il muratore, insieme”.
Quando è stato ritrovato senza vita, si è parlato di lui come un senza dimora, ma “solo perché non aveva la residenza, lui però era regolare e con doppia cittadinanza, italiana e tunisina”. La sera prima della sua morte, era con Mohamed in un circolo della vicina Ravarino. Qui avrebbero bevuto un po' troppo, fino a quando non è stato richiesto l'intervento dei carabinieri, che ben conoscono i due.
Questa la versione di Mohamed: “Mio fratello ha avuto una discussione con alcuni ragazzini della zona che erano allo stesso circolo, anche loro un po' ubriachi. Però non è successo niente, li avevo già divisi quando sono arrivati i carabinieri. Erano in sei a parlare solo con lui. Mi volevano mandare a casa, ma io invece volevo calmare mio fratello, era una testa calda. Loro invece lo provocavano per farli alzare la voce”.
I militari portano a questo punto i due giovani nella caserma provinciale di via Pico della Mirandola, a pochi minuti a piedi da via dell'Abate, dov'è stato ritrovato esanime Taissir. “Qui ci hanno picchiato -racconta Mohamed-. Poi ci hanno fatto andare e ci hanno inseguito perché li avevamo insultati”. Le loro strade si sono quindi divise e “io non so se lo hanno preso. Dietro di me non c'era nessuno, ma dalla sua parte si, c'erano dei carabinieri”.
Da quel momento, anche per via del telefonino scarico del giovane, i due non avrebbero più avuto contatti. Pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo senza vita di Taissir, Mohamed si reca poi in Questura per raccontare del presunto pestaggio: un carabiniere finisce nel registro degli indagati per il reato di morte come conseguenza di altro reato, altri cinque per lesioni.
“Non accuso davvero nessuno – insiste il giovane-, mi hanno menato e schiaffeggiato, ma la cosa più importante ora è capire cosa è successo a mio fratello in quelle ore di buio”. Per quegli schiaffi raccontati da Mohamed, ha poi confermato l'avvocato del giovane a Fanpage.it, è stata presentata una denuncia.
Tramite le immagini delle telecamere di videosorveglianza è emerso che i due fratelli sono usciti dalla caserma sulle proprie gambe, prima di dividersi. “Non c'è stato un battibecco, gli ho chiesto di smetterla e di tornare a casa, questo si” continua Mohamed.
Le indagini proseguono, i periti medico-legali hanno in tutto novanta giorni per portare a termine il proprio lavoro e numerosi sono ancora i punti da chiarire in tutta questa vicenda, a partire non solo da cosa è successo fra la mezzanotte e mezza di sabato 14 ottobre e la domenica mattina seguente, ma anche dalla serata dei due a Ravarino.
Il fratello della vittima pare poco convinto di puntare il dito sui ragazzi coi quali ci sono stati screzi nel locale, né, nonostante inizialmente sia parso diversamente, sui militari. La morte di Taissir rimane quindi per ora un mistero, anche per lui: a seguirlo i primi giorni è stato l'avvocato Fabrizio Canuri, il quale ha poi però rinunciato all'incarico. Ad assistere il giovane adesso c'è Fabio Anselmo, legale in passato dei casi Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi, fra gli altri. “Se quella sera qualcuno ha visto qualcosa si faccia avanti -è il suo appello finale- datemi una mano”.