“Il fratello di Saman Abbas con voce tremula e occhi lucidi disse: ora vi racconto tutta la verità”
È il giorno dei testimoni dell’accusa oggi a Reggio Emilia al processo in corso per l’omicidio di Saman Abbas. Tra i testimoni il luogotenente Antonio Matassa, comandante del Norm della compagnia dei carabinieri di Guastalla, che ha ricordato i primi atti di indagine sulla scomparsa della diciottenne pachistana da Novellara. E ha parlato, in particolare, del racconto del fratello minore della giovane vittima, 16 anni, considerato un testimone chiave dall’accusa.
Il fratello di Saman Abbas (in una comunità protetta da quando è stato rintracciato vicino alla frontiera ligure) venne sentito dai carabinieri il 15 maggio del 2021 e improvvisamente – spiega – ebbe come "un cedimento emozionale". Dopo un'ora di audizione disse: "Adesso vi dico tutta la verità". Da quel momento il ragazzo iniziò a parlare "in maniera libera", senza neppure ricevere domande. "Sembrava che si stesse liberando", ha raccontato il comandante del Norm della compagnia di Guastalla.
"A un certo punto – ha riferito il luogotenente davanti alla Corte – quando parlava di lei (di Saman Abbas, ndr), si è come accasciato in basso, mettendosi le mani sugli occhi, aveva gli occhi lucidi e gonfi e ha risposto con la voce tremula". Dopo l’audizione del ragazzo l'ipotesi investigativa diventò quella "dell'omicidio in ambito familiare”.
Erano stati gli stessi genitori e altri parenti – sono in 5 i familiari di Saman a processo – a ucciderla secondo l’accusa dopo che la ragazza aveva detto no a un matrimonio combinato.
Le ricerche nel casolare in cui è stata sepolta Saman Abbas
Matassa ha parlato anche del casolare dove è stato ritrovato, mesi dopo la scomparsa e grazie allo zio Danish imputato, il cadavere di Saman. "È il primo luogo dove andammo a vedere: per struttura e distanza" dalla casa familiare "era quello che meglio si prestava a nascondere un corpo”, ha spiegato in aula ricordando le prime fasi delle ricerche di Saman.
Ha detto che quel casolare, a circa 700 metri dalla casa dove viveva la famiglia, era un "un rudere, diroccato, con parti crollate, sottoposto a vincoli". "Ci siamo andati con le unità cinofile", ma i cani specializzati nelle ricerche non segnalarono nulla. Furono svuotati i canali di irrigazione, controllati i pozzi, le porcilaie, poi il raggio venne allargato alle serre.
Salta videocollegamento col padre in Pakistan
Intanto non è presente neppure oggi in collegamento il padre di Saman attualmente detenuto in Pakistan. Le autorità pachistane non hanno predisposto il videocollegamento con l'Italia e per questo Shabbar Habbas non partecipa al processo. L'uomo aveva dato la disponibilità a essere sentito. I giudici hanno comunicato che riproveranno ad averlo in collegamento nelle prossime udienze.