Il fisico Sestili sulla quarta ondata: “In Italia meno violenta d’Europa anche grazie al Green pass”
"Nell'ultima settimana c'è stato un aumento del 38% dei nuovi casi Covid in Italia, di cui il 20% rappresentato dalla fascia 5-12 anni. Tuttavia, la situazione resta migliore rispetto ad altri Paesi, come quelli dell'Est Europa, ma anche rispetto a Germania e Austria, per una serie di fattori, tra cui, in primis il Green pass. Lo conferma la statistica". Così Giorgio Sestili, fisico e comunicatore scientifico, Marketing & Communication Director di Deep Blue srl, ha spiegato a Fanpage.it perché la quarta ondata della pandemia di Covid-19 nel nostro Paese non è violenta come altrove, perché bisogna continuare a insistere con le vaccinazioni e quali sono le regioni da tenere sott'occhio per evitare un ulteriore peggioramento.
Quanto è allarmante la quarta ondata di Covid in Europa?
"Ci sono situazioni particolarmente preoccupanti nei Paesi dell'Est, dove c'è la percentuale di popolazione vaccinata più bassa dell'Ue: la media delle vaccinazioni è intorno al 30% della popolazione e proprio in questi paesi oltre ai contagi vediamo che c'è un tasso di letalità estremamente più alto rispetto all'Italia. Basti pensare che se da noi stanno morendo in media meno di 5 persone ogni milione di abitanti, in questi altri siamo al di sopra dei 50. È un fattore di 10 volte. Questo a dimostrazione del fatto che i vaccini funzionano e ci stanno dando una enorme mano soprattutto per tenere bassa la pressione sugli ospedali".
Quale è la situazione dell'Italia al momento?
"In Italia siamo in una situazione migliore, anche di altri Paesi a noi geograficamente più vicini come la Germania e l'Austria, dove i contagi sono più alti e comincia ad esserci una pressione maggiore sugli ospedali, ma anche nel Regno Unito. E non è un caso che proprio questi paesi stiano correndo ai ripari imitando in qualche modo soluzioni che l'Italia ha già o adottandone di più radicali, come il lockdown per i non vaccinati. Però si deve dire che l'Austria esattamente come la Germania partiva da una situazione in cui le misure di contenimento erano inferiori rispetto all'Italia".
Da cosa dipende allora?
"Io credo per la combinazione di una serie di fattori: in Italia abbiamo vaccinato tanto, siamo tra i Paesi in Europa che ha vaccinato di più, ma questo non basta per spiegare il fatto che la situazione epidemiologica sia migliore rispetto al resto d'Europa, perché in fondo Gran Bretagna e Germania non hanno vaccinato poco, stiamo parlando di pochi punti percentuali in meno dell'Italia. Quindi io credo che molto dipenda dalle misure di contenimento che abbiamo mantenuto tra cui il Green pass, che è in questo momento la più importante e che faccia la differenza rispetto ai paesi che non ce l'hanno.
In che modo?
"Proviamo a spiegarlo da un punto di vista scientifico. Prima di tutto, il Green pass permette l'accesso ai luoghi più a rischio, quindi al chiuso, solo a chi è vaccinato e a chi ha fatto un tampone nelle 48 ore precedenti. Questo, da un punto di vista statistico, riduce enormemente la probabilità di contagio. Non l'annulla, certo, ma non esiste uno strumento che porta a zero la probabilità. Però grazie al fatto che ci sono i vaccinati, dal momento che sappiamo che i vaccini hanno una efficacia superiore al 70% sulla possibilità di contrarre e trasmettere l'infezione, abbiamo ridotto già di un 70% questa probabilità. I tamponi, quelli antigenici, hanno più o meno un 30% di falsi negativi, e comunque significa che lì abbiamo protetto un altro 70% di persone, o meglio ci siamo garantiti che un altro 70% di persone con un tampone negativo dovrebbe non avere e non trasmettere il virus. Dobbiamo familiarizzare con la probabilità e capire che mettere insieme vaccinati e tamponati riduce enormemente la diffusione del virus. Questo in altri paesi non avviene o avviene solo in alcuni luoghi. Per esempio, non avviene nei luoghi di lavoro e questo ha determinato una ripresa importante dei contagi".
Cosa accadrà nelle prossime settimane?
"Dobbiamo monitorare in questo momento diversi fattori. Uno è sicuramente l'andamento dei casi positivi in Italia: nell'ultima settimana abbiamo assistito ad una crescita del 38% rispetto a quella precedente. C'è stata una accelerazione ma bisogna dire che siamo lontani dalla crescita di esattamente un anno fa, quando tra la fine di ottobre e i primi di novembre eravamo nel pieno di una crescita esponenziale con tempi di raddoppio di una settimana. Ciò significa che da una settimana all'altra avevamo un aumento del 100% dei casi. Noi adesso siamo in una crescita con tempi di raddoppio di circa 20 giorni, quindi al momento sembra sia sotto controllo. Questo è uno dei primi elementi tenere presenti. Io utilizzo spesso la metafora del tiro alla fune: da una parte a tirarla c'è questo virus, con una variante estremamente contagiosa, e tutto quello che ne favorisce la diffusione, tra cui anche le persone non vaccinate e chi non rispetta le norme di sicurezza, come mascherine e distanziamento, che ormai conosciamo bene, oltre a fattori esterni come la stagione invernale; dall'altra ci sono i vaccini, le persone immunizzate e quelle che stanno attente. In questo gioco stiamo per aggiungere giocatori dalla nostra parte, tra cui le terze dosi. È importantissimo che le persone che hanno fatto le prime due dosi facciano il booster, non solo perché vediamo che la presenza degli anticorpi diminuisce col tempo, ma anche perché potrebbe avere una enorme durata, come succede per altri vaccini. Non ci sono dati scientifici certi ma indizi che lasciano pensare che la terza dose potrebbe dare una durata significativa agli anticorpi, anche di anni. Quindi a quel punto sarebbe veramente la mazzata definitiva al virus e alla pandemia, ammesso che non esca fuori una variante da qualche parte nel mondo che resiste al vaccino. L'altro giocatore che possiamo aggiungere alla partita sono le vaccinazioni per i bambini dai 5 agli 11 anni. Dopo gli Usa, l'Ema e l'Aifa si esprimeranno nelle prossime settimane ed è plausibile che dall'inizio del 2022 potremo vaccinare i più piccoli. Ed è chiaro che questo è un altro elemento che dal punto di vista epidemiologico farà la differenza sulle dinamiche di diffusione del virus considerando che al momento la fascia 5-12 rappresenta il 20% dei nuovi casi. Infine dovremmo monitorare gli ospedali".
Non riesce a fare nessuna previsione?
"Fare previsioni io credo che sia impossibile per chiunque. L'unica possibilità è monitorare settimana dopo settimana quello che sta succedendo e prendere, da parte delle istituzioni preposte, le contromisure necessarie, come il cambio di colore delle regioni. Ci sono già alcune che si avvicinano già alla soglia del 10% di occupazione delle TI. Abbiamo un sistema rodato che fa scattare il giallo in automatico e che permette di rispondere tempestivamente di fronte a un peggioramento della situazione".
Quali sono le regioni più a rischio?
"C'è la provincia autonoma di Bolzano, con incidenza a 260 casi ogni 100mila, il Friuli Venezia Giulia con 196 casi e il Veneto con 104. Queste sono quelle al di sopra dei 100 casi per 100mila abitanti, quindi sono le più preoccupanti, e per di più tutte con tassi di crescita dei contagi settimanali superiori al 50%. La provincia di Trieste è quella che ha una incidenza maggiore di tutte, vicina ai 500 casi".
A che punto siamo con la campagna di vaccinazione?
"L'Umbria si conferma la regione più virtuosa per le vaccinazioni. C'è stato piccolo aumento nell'ultima settimana delle prime e seconde dosi, rispettivamente +5% e +7% rispetto alla settimana precedente. Abbiamo fatto 366mila seconde dosi e soprattutto 112mila prime dosi, cioè 112mila persone in più vaccinate che sicuramente faranno anche la seconda. Le vaccinazioni dunque procedono e nuove persone si stanno vaccinando. Arrivati a questo punto è una notizia da dare. Le terze pure dosi stanno crescendo. Complessivamente abbiamo in media di circa 100mila inoculazioni al giorno ma credo che si debba ancora entrare nel vivo e le vedremo aumentare nelle prossime settimane".