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Il dramma di Domenico Forgione, 7 mesi in carcere per mafia da innocente: “Scambio di persona”

Domenico Forgione, giornalista, storico e scrittore di Sant’Eufemia d’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, viene arrestato la notte del 25 febbraio 2020 nell’operazione anti ‘ndrangheta “Eyphemos” con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Rimane in carcere per sette mesi, poi le indagini rivelano che in realtà si è trattato di uno scambio di persona.
A cura di Francesca Lagatta
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Domenico Forgione ha 47 anni, vive a Sant'Eufemia d'Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, ma è nato in Australia, e gli amici più cari lo chiamano "Dominic". Circostanza non di poco conto se si calcola che questo particolare lo ha portato dritto in carcere, con una accusa gravissima, quella di associazione a delinquere di stampo mafioso, che gli è valsa sette mesi di permanenza in carcere. Ma il "Dominic" che faceva affari con clan Alvaro non era lui. Domenico è finito in carcere per un mero scambio di persona.  Ora il giornalista, storico e scrittore ha voluto rendere pubblica la sua storia, con la speranza che non accada mai più, con l'intento di denunciare le condizioni delle carceri italiani e accendere i riflettori sull'attuale sistema giudiziario.

Una persona perbene

Lo incontriamo nella sua casa a Sant'Eufemia d'Aspromonte, in una stanza piena di libri, sono oltre duemila. Dice che ne ha letti quasi la metà e scritti una decina. Sul tavolo c'è anche uno scatolone pieno zeppo di lettere: «Sono state la mia àncora di salvezza». Sono le missive che gli hanno spedito amici e parenti quando era in carcere, persone che non hanno mai creduto alle accuse mosse originariamente dalla Dda di Reggio Calabria. Sant'Eufemia è una comunità che conta poco più di 4mila abitanti, qui si conoscono tutti. E il confine tra bene e male è netto. Domenico ha scelto la via più lunga e impervia: quella dello studio e del sacrificio. Si laurea in Scienze Politiche e consegue il dottorato di ricerca in Storia dell'Europa Mediterranea, insegna per molti anni all'università di Messina. Durante l'estate guida il pullmino che conduce i ragazzi con disabilità fino al mare. Mai un problema con la giustizia, la sua fedina pena è immacolata. Nel 2017 si candida a sindaco e perde contro Domenico Creazzo, che sarà poi arrestato nella medesima operazione giudiziaria.

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L'operazione Eyphemos

E' il 25 febbraio 2020. Quella notte circa 600 poliziotti eseguono l'operazione "Eyphemos" applicando 65 misure cautelari ad altrettanti indagati. La Dda di Reggio Calabria mette lo sgambetto alla potentissima cosca degli Alvaro. Tra gli indagati finiti preventivamente in carcere c'è anche Domenico Forgione. "Sono entrati intorno alle 3 di notte, mi hanno detto di seguirli". Ma Domenico ancora non sa di cosa lo accusano. "Allora ero consigliere di minoranza e  ho pensato a un errore, a qualcosa che avesse a che fare con il Comune. Ma avevo la coscienza pulita anche il caso e uscendo di casa ho detto a mia madre che sarei andato a chiarire e sarei ritornata a casa stesso quel giorno".

L'arrivo in questura

Solo quando è arrivato in questura Domenico ha capito qual era il capo di imputazione, dopo aver letto l'ordinanza del Gip e le relative intercettazioni. Uno degli arrestati parla con un altra persona di appalti illeciti, di intrighi e di soffiate, e alla fine la saluta l'interlocutore dicendo: "Ciao Dominic". Tanto basta agli inquirenti per far scattare il capo di imputazione nei confronti dello scrittore di Sant'Eufemia, anche per il ruolo politico che in quel momento occupava. Per gli investigatori non poteva che essere lui, benché non ci fossero ulteriori indizi. E così si aprono le porte del carcere di Palmi.

L'interrogatorio di garanzia e la perizia fonica

Due giorni più tardi, Domenico è di fronte al Gip e respinge con forza le accuse, ma il giudice convalida l'arresto. Così lui e l'avvocato preparano una perizia fonica di parte da consegnare al Tribunale del Riesame, che valuta la pratica soltanto l'11 aprile. Ma anche in quel caso i giudici respingono la perizia perché ritengono che la qualità dell'audio non sia buona. L'avvocato, quindi, chiede che a formulare la perizia sia un perito della procura. Nel frattempo il suo assistito viene trasferito al carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Il rientro a casa

La procura deposita la nuova perizia soltanto ad agosto e il documento stabilisce, effettivamente, che il "Dominc" delle intercettazioni non è l'uomo tratto in arresto. La scarcerazione viene autorizzata il 16 settembre. Domenico non è arrabbiato, ma deluso, quello sì. "Quando si manda qualcuno in carcere, si dovrebbe essere certi al 100%. Ma è la legge che è sbagliata, è quella che andrebbe modificata". Per questo appena fuori dal carcere, Domenico si è iscritto all'associazione "Nessuno tocchi Caino" per accendere i riflettori sulle condizioni delle carceri italiane e invitare tutti, giornalisti compresi, a non perdere mai l'umanità. "La vita è quello che ti succede in quel momento. Quando ero in carcere ho dato lezioni di italiano a un detenuto arrestato nella stessa operazione giudiziaria". Perché nonostante il dolore, la speranza è più forte di ogni cosa. Sempre.

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