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Il dossier che sfata tutte le “bugie” dette sulla scuola italiana

Quando si parla di scuola italiana parte quasi in automatico la polemica relativa a un sistema arretrato e peggiore rispetto ad altri europei. All’ordine del giorno i difetti e i problemi da risolvere che però, stando a un dossier della Uil, in molti casi sono solo luoghi comuni.
A cura di Susanna Picone
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Quando si parla di scuola italiana parte quasi in automatico la polemica relativa a un sistema arretrato e peggiore rispetto ad altri europei. Sempre si parla dei difetti e dei problemi da risolvere che però, stando a un dossier della Uil, sarebbero solo dei luoghi comuni.

La scuola italiana non è messa così male come spesso si dice. Al contrario regge il confronto con gli altri sistemi europei, spesso presi come esempio a casa nostra per migliorarci. Insomma, ci sarebbero tanti luoghi comuni e convinzioni errate sul sistema scolastico italiano. A dirlo è la Uil scuola che ha pubblicato un dossier per smentire proprio tutti quei dati sbagliati che finiscono per mettere in cattiva luce un sistema che poi tanto sbagliato non sarebbe. Un dossier che si propone come l’“operazione verità” della Uil, necessaria per rispondere ai numerosi attacchi mossi nei confronti della scuola. Sono diversi i dati che spiegano come la scuola italiana sia, appunto, in più ambiti al passo con le altre: la prima “bugia” da smentire è quella che non è vero che l’Italia spende troppo e male per l’istruzione. Stando infatti ai dati Ocse e Ue, il nostro Paese destina il 4.7% del suo Pil alla scuola, contro una media europea del 5.44%. La ripartizione della spesa per l’istruzione è più o meno in linea con quella del resto d’Europa: in Italia il 77.7% della spesa viene assorbito da personale mentre in Europa siamo al 75.6%.

Studenti e docenti, i luoghi comuni sui banchi di scuola – Per quanto riguarda i nostri studenti e docenti non è vero né che i primi risultano in ritardo rispetto agli altri con la fine degli studi (ma è vero che passano in classe più ore e in alcuni casi questo è un vanto tutto italiano), né che i nostri docenti lavorano di meno. In Italia, infatti, gli studenti prendono il diploma a 19 anni, come i loro colleghi di 16 dei 27 Stati presi in esame. Solo in 11 Paesi il diploma arriva già a 18 anni (l’idea di far iniziare la scuola ai bambini un anno prima è di stretta attualità), ma scrivono nel dossier, le nazioni più performanti sono quelle in cui si conclude a 19 anni, sarebbe dunque questa la fine ideale del percorso di studi. È sbagliato dire che i nostri prof lavorano di meno ma non è sbagliato dire che il loro stipendio è inferiore rispetto alla media europea (quando talvolta si dice esattamente il contrario): c’è un divario, spiega la Uil, che va da 4 a 10mila euro in meno. Se un insegnante italiano di scuola media a inizio carriera prende 24mila euro, un collega tedesco ne guadagna 42mila e uno spagnolo 34mila.

In Italia troppa burocrazia, ancora lontani da alcuni obiettivi – Un altro luogo comune smentito è quello che vorrebbe le classi italiane meno affollate delle altre europee quando poi, dice la Uil, la media è la stessa: 21.3 alunni per classe. Quello che, infine, veramente non funziona in Italia è l’intero complesso della burocrazia che non ha eguali in Europa: nel 2010, osserva il sindacato, il ministero ha prodotto 512 provvedimenti, 486 nel 2011, 261 fino ad agosto 2012. Si tratta quasi di due provvedimenti al giorno a cui vanno aggiunti quelli regionali, provinciali e comunali, inviati per via telematica ma che, leggiamo nel dossier, vengono “stampati e protocollati giornalmente nelle scuole, con un carico di lavoro e rigidità tutte italiane”. E l’Italia resta ancora indietro rispetto agli obiettivi di Lisbona 2010 o Europa 2020. La dispersione scolastica è calata negli ultimi 10 anni ma siamo ancora lontani dal raggiungere il 10% auspicato.

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