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Il dolore di Rosanna: “Sono una mamma amputata, un’aula a nome di mio figlio è troppo”

Rosanna è una mamma che per una terribile malattia ha perso suo figlio Giuliano. Chiede solo che l’ex scuola del suo ragazzo gli possa dedicare un’aula. Ma il preside non le ha nemmeno risposto.
A cura di Redazione
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Riceviamo e pubblichiamo.

Mi chiamo Rosanna e sono una "mamma amputata"; perché è così che ci si sente quando si perde un figlio.

Giuliano era un figlio speciale, speciale come tutti quei bambini e ragazzi ammalati che hanno provato il calvario di una malattia devastante che li ha portati inesorabilmente e consapevolmente a vivere la fine della loro fragile vita.
Giuliano aveva solo 17 anni quando un tumore che non dava scampo (sarcoma) me lo ha portato via. A nulla è servito sperare, lottare, soffrire: ha dovuto soccombere a questo tragico destino senza un perché o solo perché la pallina della roulette del destino è andata a incasellarsi nella sua vita. Inutile, è stato tutto inutile. La sua voglia di vivere, la sua forza, la sua tenacia, la sua grande dignità con la quale ha affrontato tutto quello che comporta una tale malattia. Giuliano è nato, cresciuto, invecchiato in soli 17 anni.
Giuliano aveva un talento, il talento del pudore. E se è vero che ciò che è più alto nel dolore è il pudore, Giuliano a soli 17 anni ha dimostrato di essere un piccolo grande uomo, portando tutto il suo dolore dentro di sé, su di sé e con sé. Era un ragazzo che amava la vita, e la viveva pienamente: gli amici, lo sport, la scuola, quella scuola che frequentava appena poteva, fino a pochi giorni dalla fine, imbottito di morfina tanto da farlo addormentare sul banco.

Non ne voglio fare un eroe, e nemmeno un martire, solo un testimone di vita e forse anche lui, come tutti i bambini e ragazzi che si ammalano e muoiono a causa di un tumore, meritano un riconoscimento concreto, come quello di dedicare un'aula della scuola alla loro memoria. Fortunatamente non sono tanti i giovani che si ammalano e muoiono di tumore, mentre le scuole hanno così tante aule anonime a disposizione.
Credo anche che la scuola abbia il dovere di confrontarsi con la realtà, che solo perché a volte "scomoda" non significa che non esista. Non c'è spazio nei programmi di studio per l'educazione emotiva all'insuccesso, alla sofferenza, eppure i fallimenti, il dolore, la morte fanno parte della vita, le cose non vanno mai come davvero ci si aspetta, e questa è una lezione che dovrebbe essere insegnata nelle scuole, perché la vita non ci prepara mai abbastanza.
Nella speranza che questo mio desiderio un giorno possa realizzarsi e ringraziandovi per l'attenzione  porgo cordiali saluti.
Senza pudore
Rosanna

Ps. Ho provato a farne richiesta alla scuola di Giuliano, ma il preside non si è nemmeno degnato di rispondere.

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