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Il decreto Piantedosi sui 5mila euro dai migranti è già un flop in Tribunale

La sezione Immigrazione del tribunale di Catania ha stabilito che “non sussistono i presupposti per il trattenimento” per un richiedente asilo che non poteva pagare i famosi cinquemila euro.
A cura di Luisa Santangelo
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Un altro provvedimento del governo sui migranti. Un'altra giudice che lo smonta. Stavolta tocca al decreto del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Quello che stabilisce in cinquemila euro l'importo della "garanzia finanziaria" tramite la quale i cittadini stranieri arrivati da "Paesi sicuri" possono evitare di essere bloccati nei "centri per il trattenimento" (da non confondere con i Cpr). La prima di queste nuove strutture è entrata in servizio qualche giorno fa a Pozzallo, in provincia di Ragusa. È lì che si trovava un cittadino tunisino di 27 anni, adesso tornato libero. Il suo "trattenimento" è stato bocciato dalla sezione Immigrazione del tribunale di Catania. Una decisione che, di fatto, mette in discussione il decreto Piantedosi, valutandolo in contrasto sia con la normativa europea sia con la Costituzione.

Il primo caso a Pozzallo

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Il 27enne per il quale la giudice Iolanda Apostolico ha disposto "l'immediato rilascio" è arrivato a Lampedusa il 20 settembre 2023. Dall'isola delle Pelagie, il giovane tunisino è stato poi trasferito al centro per il trattenimento di Pozzallo una settimana dopo e ha formulato la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale. A quel punto, però, si legge nel provvedimento, il ragazzo "non ha consegnato il passaporto", o un altro documento valido, "e non ha prestato idonea garanzia finanziaria secondo le disposizioni del decreto del Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro della Giustizia e il Ministro dell'Economia e delle Finanze, del 14 settembre 2023". Cioè il decreto Piantedosi.

Per questi motivi, il questore di Ragusa ha emesso nei suoi confronti un provvedimento di trattenimento. La cui convalida è stata discussa ieri, 29 settembre 2023, alla sezione Immigrazione del tribunale di Catania. A difendere il 27enne, lo sportello legale del Centro Astalli di Catania, con il contributo scientifico di alcuni soci dell'Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione). In videocollegamento – come previsto dal decreto Cutro – dal centro pozzallese appena allestito, il ragazzo ha raccontato prima la fuga dalla Tunisia "per questioni essenzialmente economiche e per minacce che aveva ricevuto da alcuni suoi creditori". E poi l'arrivo a Lampedusa e l'immediata richiesta di accedere alla protezione internazionale. Quando, però, il decreto Piantedosi era già entrato in vigore.

Non potere pagare non è una colpa

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È a questo punto, alla richiesta di convalida del trattenimento, che interviene la decisione degli uffici giudiziari catanesi. Citando la Corte di Giustizia dell'Unione Europea e la stessa direttiva comunitaria del 2013 menzionata nel decreto governativo, la giudice Apostolico ricorda che "un richiedente protezione internazionale non può essere trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità". E cioè per il solo fatto di non potere pagare i 4.938 euro di "garanzia finanziaria" decisi dal governo italiano sulla base del "costo medio del rimpatrio". Senza contare che i metodi di pagamento previsti (fideiussione bancaria o assicurativa) "precludono", inoltre, la possibilità che la quota sia versata da terzi. Per esempio, parenti rimasti in patria.

Di più, aggiunge la giudice citando ancora la Corte di Giustizia Europea: non è neanche possibile che "tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata e senza che siano state esaminate le necessità e la proporzionalità di una siffatta misura". Per Apostolico, inoltre, si sbaglia il luogo dove si pretende di fare valere la normativa UE: la "procedura accelerata" che sta alla base del decreto Piantedosi si applica alle frontiere. Come sarebbe Lampedusa. E non  Pozzallo, dove i migranti vengono "coattivamente" portati "in assenza di precedenti provvedimenti coercitivi".

La normativa europea supera quella italiana

Poiché la normativa interna "incompatibile con quella dell'Unione va disapplicata dal giudice nazionale", il confinamento nel centro della provincia di Ragusa, per il tribunale catanese, non è da convalidare. A queste osservazioni la giudice Iolanda Apostolico collega infine l'articolo 10 della Costituzione, che sancisce il diritto d'asilo. Sulla base del quale "deve escludersi" che il solo fatto di arrivare da un Paese definito "sicuro" possa impedire a una persona di chiedere la protezione internazionale facendo ingresso nel territorio italiano.

Un motivo dopo l'altro, dopo sei pagine di spiegazioni, "non sussistono i presupposti per il trattenimento del richiedente asilo". Il 27enne tunisino è dunque libero di lasciare Pozzallo, nell'attesa che la sua domanda di protezione internazionale venga valutata. Ma è solo il primo caso, per un decreto che comincia da subito a scricchiolare nelle aule giudiziarie.

Il Viminale annuncia il ricorso

Nel primo pomeriggio, è arrivata la risposta del ministero dell'Interno, affidata in una nota alle agenzie e alla stampa: il Viminale ha annunciato che ricorrerà contro la decisione del Tribunale di Catania di non convalidare il trattenimento di tre migranti giudicando illegittimo il decreto del governo.

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