Il Covid cancella le malate di endometriosi: 3 milioni di donne dimenticate dalla sanità pubblica
“A Roma la prima visita per l’endometriosi disponibile con il Sistema Sanitario Nazionale è a febbraio 2021. Le donne che non si possono permettere di farsi visitare privatamente (sono numerosissime) rimangono da sole con il loro dolore per mesi”. Ilaria, 38 anni, residente a Roma e malata di una forma particolarmente grave di endometriosi, racconta a Fanpage.it una realtà comune a moltissimi italiani affetti da patologie di vario genere, che, a causa del lockdown della primavera scorsa, si sono visti rimandare di mesi (talvolta anche di un anno) visite mediche e operazioni di fondamentale importanza.
“Per quanto riguarda l’endometriosi la situazione è particolarmente complicata”, spiega Ilaria. “E’ già di per sé una malattia poco conosciuta. Sono pochissimi i centri adibiti alla sua cura in Italia. L’unico ambulatorio specializzato a Roma è all’Ospedale Gemelli che, a marzo, è stato chiuso per Covid. Ha riaperto da poco ma ora devono smaltire tutte le visite rimandate. Io, che non mi posso permettere di aspettare fino a febbraio, sto eseguendo tutto privatamente a costi altissimi e con molti sacrifici. Inoltre, il mio tipo di endometriosi a volte mi impedisce anche la deambulazione e l’osteopata e il fisioterapista non sono compresi nell’esenzione per le donne con questa malattia”.
“La visita che avevo prenotato nel marzo scorso è stata disdetta causa Covid e non sono più riuscita a fissare un appuntamento con SSN”, scrive disperata Roberta (nome di fantasia) in un post Facebook. “Ho due cisti endometriosiche di parecchi centimetri ma non mi sto curando come dovrei. Non mi posso permettere di pagare 200 euro per ogni visita privata”.
L’odissea di Veronica, che aveva bisogno urgente di un’operazione durante il lockdown
“A febbraio la mia ginecologa ha scoperto che avevo una ciste endometriosica di 7 centimetri. Il 7 marzo mi sono svegliata con vomito e dolori fortissimi. Al Pronto Soccorso mi hanno ricoverata a causa della presenza di un liquido nell’addome”. Veronica (nome di fantasia), 32 anni, residente a Carrara, racconta a Fanpage.it l’odissea vissuta durante il lockdown. “Mi hanno fatto diversi esami, senza capire però cosa avessi esattamente. Sono stata dimessa pochi giorni dopo, senza una diagnosi, poiché mi è stato detto che “il Covid rendeva pericolosa la mia presenza in ospedale”. Mi hanno consigliato di rimuovere prima la spirale anticoncezionale e, solo in seguito, alla fine dell’emergenza sanitaria, procedere con l’operazione per togliere la ciste. Ad aprile avrei dovuto eseguire l’isteroscopia, un esame diagnostico utilizzato anche per rimuovere la spirale. Mi hanno però informato che, data l’emergenza Covid e la presenza di un solo anestesista in ambulatorio, doveva essere rimandata. Ho provato a chiamare altri ospedali della Toscana ma nessuno di loro faceva quel tipo di interventi in quel momento. Nel frattempo ho continuato a sopportare perdite di sangue, dolori fortissimi, gonfiore, e problemi all'intestino. L’unica clinica che eseguiva isteroscopie quel momento mi ha chiesto 1300 euro: una cifra che non mi potevo permettere. Ho pazientato convivendo con quei dolori atroci e solo a luglio sono riuscita a farmi operare con SSN e a togliere la spirale. Per quanto riguarda l’intervento per rimuovere la ciste, invece, non so ancora nulla. Aspetto una chiamata che potrebbe arrivare tra mesi”.
Che cos’è l’endometriosi: 3500 euro di spese mediche annuali per curare una malattia spesso sconosciuta e sottovalutata
L’endometriosi è una patologia infiammatoria cronica molto dolorosa. Si tratta della presenza anomala di tessuto endometriale (che normalmente riveste la parete interna dell’utero) e può colpire tube, ovaie, peritoneo, vagina, vescica, intestino, ureteri, reni, legamenti uterosacrali, nervi, fegato ma anche polmoni e diaframma. Gli organi infiammati sono soggetti a lesioni cicatriziali, noduli e aderenze, che comportano molteplici interventi chirurgici. In Italia le donne che ne soffrono sono 3 milioni, 176 nel mondo e, in media, sono necessari sei anni di dolori per avere una diagnosi.
Aurora Sossella, 44 anni, residente a Torino, è malata di endometriosi da quando era adolescente. La sua è una forma molto grave, fortemente recidivante: non riesce più a camminare bene, deve rimanere a letto per diversi giorni al mese, sviene spesso ed è stata costretta a lasciare il lavoro che amava. Da qualche anno ormai lotta per fare informazione su questa patologia “spesso sconosciuta e sottovalutata”: “Una donna affetta da endometriosi nel nostro Paese deve sostenere in media 3500 euro di costi annuali per curarsi. Infatti, solo dal 2017 questa malattia è compresa nei LEA (livelli essenziali di assistenza): si è riconosciuto così alle donne il diritto di usufruire di alcune prestazioni specialistiche ma solo per il terzo e il quarto stadio, i più severi. Tra queste prestazioni non sono comprese alcune di vitale importanza, come terapie ormonali e risonanza magnetica. Senza contare, l’assenza di tutela per il primo e secondo stadio della patologia. Mancano anche tutele lavorative: una malata in serie condizioni è costretta a licenziarsi”.
Aurora ha deciso recentemente di affiancarsi alle iniziative di Team Italy, un gruppo di donne da tutta Italia affette da endometriosi che ogni anno a marzo, mese dedicato alla consapevolezza di questa malattia, si ritrovano per la WorldWide Endomarch, una marcia che fino all’anno scorso si è svolta in più di 55 capitali nel mondo. Alina Migliori, fondatrice e attivista di Team Italy, sette anni fa ha portato questo evento per la prima volta a Roma. Lo scorso marzo è stato necessario svolgerla virtualmente a causa della pandemia.