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Il Consiglio Superiore della Sanità boccia la cannabis light: “Pericolosa”

Il Consigli Superiore della Sanità si schiera contro la cannabis light, ma la decisione finale spetterà al ministero della Salute.
A cura di Mario Catania
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Il Consiglio Superiore della Sanità si schiera contro la cannabis light. Era il mese di febbraio quando il segretariato generale del ministero della Salute chiese un parere all'organo tecnico che fa parte del ministero e la risposta non lascia dubbi vista la richiesta di attivare "nell'interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti".

Le domande poste all'organo tecnico erano due: se questi prodotti siano da considerarsi pericolosi per la salute umana e se possano essere messi in commercio, ed eventualmente a quali condizioni. Riguardo alla prima domanda, il Consiglio "ritiene che la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis' o ‘cannabis light' o ‘cannabis leggera', non può essere esclusa", specificando che: "La biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni non è trascurabile" e che "tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine".

Invece in risposta al secondo quesito, secondo il Css: "Tra le finalità della coltivazione della canapa industriale" previste dalla legge 242/2016 – quella che ha ‘aperto' al commercio, oggi fiorente, della cannabis light – "non è inclusa la produzione delle infiorescenze né la libera vendita al pubblico; pertanto la vendita dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis' o ‘cannabis light' o ‘cannabis leggera', in forza del parere espresso sulla loro pericolosità, qualunque ne sia il contenuto di Thc, pone certamente motivo di preoccupazione".

Mentre in tutta Italia si sta assistendo al boom di coltivazioni ed aziende che propongono le infiorescenze di THC è stata proprio una recente circolare ministeriale a legittimare il mercato delle infiorescenze; ma il CSS si è espresso in forma cautelativa, in attesa della decisione finale che spetterà al ministero della Salute, che probabilmente aspetterà anche il parere dell'Avvocatura di Stato, che ad oggi non è ancora arrivato.

Da sottolineare che ad oggi le infiorescenze vengono vendute come prodotto ad uso tecnico e quindi non per il consumo umano, con la conseguenza che non sono necessari i controlli che vengono effettuati ad esempio sul cibo. Per cercare di risolvere il problema le principali associazioni di categoria come la CIA e Confagricoltura, insieme a Federcanapa, la federazione che riunisce i produttori italiani, avevano sottoscritto proprio ieri un disciplinare coordinato dall'avvocato Giacomo Bulleri, in cui venivano elencate le buone pratiche per la produzione di canapa da prendere in considerazione proprio per garantire la salubrità del prodotto e la tracciabilità delle genetiche utilizzate.

"Era una cosa che ci aspettavamo ed ora vedremo gli sviluppi", commenta a Fanpage.it l'avvocato Giacomo Bulleri spiegando che: "è un parere in linea con il disciplinare firmato ieri che aveva anticipato la questione, ponendosi il problema di tutelare la sicurezza del consumatore finale e garantendo un prodotto che non presenti sostanze nocive. La circolare del Mipaaf di maggio aveva già previsto la questione quando parlava della liceità delle infiorescenze e le associazioni di settore chiedevano da tempo regole chiare per tutti. Ora, dopo che sarà presentato il parere dell'Avvocatura di Stato, vedremo quali provvedimenti saranno adottati dal ministero della Salute".

La reazione del ministro della Salute Giulia Grillo non si è fatta attendere: "Ricevute indicazioni assumerò le decisioni necessarie", ha chiosato ribadendo che il Ministero è ora in attesa del parere dell'Avvocatura di Stato.

Secondo la Coldiretti "occorre fare chiarezza per tutelare i cittadini e le centinaia di aziende agricole che hanno avviato nel 2018 la coltivazione di canapa in tutta Italia". L'associazione degli agricoltori ricorda come grazie all'approvazione della legge 242 del 2016 la di canapa italiana abbia ricevuto un forte incentivo, in un settore in cui le coltivazioni sono cresciute di 10 volte da 2013 passando da 400 ettari ai 4mila di questo 2018 e specificando che la cannabis light a regime potrebbe creare un fatturato di circa 40 milioni di euro. Poi ribadisce che la circolare ministeriale di maggio 2018 "ammette nell'ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo l'utilizzo delle stesse infiorescenze".

L'Italia è stata fino agli '40 del secolo scorso il secondo produttore di canapa al mondo per quantità, dietro solo alla Russia, con le maggiori coltivazioni in Emilia Romagna ed in Campania. Nonostante la canapa industriale non sia mai stata espressamente vietata, il proibizionismo e l'avvento di fibre sintetiche avevano quasi decretato la sua scomparsa dalle campagne italiane. La speranza è che il Ministero possa trovare il modo per tutelare le centinaia di aziende che hanno ricominciato a coltivare questo vegetale attivando un economia sostenibile per l'uomo e per l'ambiente e contribuendo a recuperare campi abbandonati.

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