video suggerito
video suggerito

Il Congedo secondo Matteo

Renzi è tornato in Tv dopo cinquanta giorni di latitanza. Arrivava da vincitore ed ha gestito il risultato. Non ha negato le sue ambizioni a volerci riprovare e prova a farsi rimpiangere: quali reazioni nel popolo di sinistra?
A cura di Andrea Parrella
14 CONDIVISIONI
renzibignardi

Pur avendolo ampiamente previsto, è giusto ricordare e riconoscere a Matteo Renzi, che se fosse stato lui il candidato del Pd alle elezioni, staremmo provando a raccontare una tornata diversa. Per sintetizzare il tutto, si tratterebbe semplicemente di una campagna elettorale durante la quale si parli di chi potrebbero essere i vincitori, anziché di chi potrebbe non vincere quanto basta. Matteo Renzi è arrivato a Le Invasioni Barbariche (la sua prima presenza televisiva dopo circa cinquanta giorni di latitanza) con tutti i favori del pronostico, soprattutto l'attesa spasmodica pari a quella per il nuovo album di un cantante che non è in giro da un po'. Lo slancio lo ha sfruttato a pieno ed è più che sicuro abbia lasciato in bocca agli elettori del Pd un'impalpabile retrogusto d'amaro, come a rendersi conto di aver scelto il cavallo sbagliato alle primarie del centrosinistra.

Per non dire "peccato" – Ed ora pure chi il Pd nemmeno si sognerebbe di votarlo ha diritto a pensare che con lui in corsa si vedrebbe, anche se da lontano, la possibilità di scegliere una strada, indipendentemente da quale essa sia, ma almeno imboccarla. Che poi probabilmente nemmeno sarebbe vero, ma indubbio è che queste elezioni in febbraio rischiano di preannunciarsi carnevalesche negli esiti, meno di quanto lo saranno nella loro campagna promozionale, di certo più morigerata delle precedenti. Matteo Renzi si prende il merito di aver scelto un percorso politico atipico nel panorama italiano: è il solo che stia gettando le basi per trasformare un'amarezza popolare nella base per il proprio futuro professionale, anziché lasciare che essa evapori a favore del prossimo entusiasmo e si possa rievocare con un semplice "peccato".

Teoria del congedo – Il suo congedarsi è sempre romanzato, mai banale, ha una linea narrativa ben precisa che esclude l'addio prediligendo l'arrivederci, condito spesso, come ieri sera, da aforismi di americani colore scelti a caso (ieri era il turno di Micheal Jordan). Manca una solenne melodia orchestrale e il solingo personaggio tra il pubblico che fa partire l'applauso. Scherzi a parte, il suo proposito è arduo a realizzarsi, ma profuma di politica dal basso: lasciarci voltando le spalle quando tutti vorremmo restasse lì è una tecnica retorica tesa a voler quasi significare che tutti gli slogan proposti nella campagna per le primarie non fossero carta straccia, che non saranno disattesi. Prova a tenersi stretto il suo elettorato ed è una scelta sacrosanta.

Bersani abbondi con Renzi – Lui l'ha detto chiaramente di avere intenzione a riprovarci, senza che questo possa essere interpretato come un gesto viscido. Sarebbe stato poco credibile a dire il contrario. Nell'inconsistente trait d'union da sempre delineato tra il suo approccio mediatico e quello di Berlusconi (che oggi ha ancora meno senso di quando lo si usava per fatti propagandistici), si può estrapolare un fattore discriminante fondamentale, che forse è l'ingrediente base dell'appeal renziano: pare che faccia quello che dice. Almeno per ciò che si è visto sino ad ora, è un dato incontrovertibile. Affinché Bersani possa evitare il suo timore più profondo (l'ha esplicitato qualche sera fa ad Ilaria D'Amico: "Si farà di tutto per dire che il Pd non ha vinto") avrà il massimo interesse, in quel che resta del tempo per sponsorizzarsi, ad abbondare con Renzi. A differenza di quanto fatto per le liste di candidati.

14 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views