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“Il cervello ha smesso di archiviare ricordi”: la storia di due gemelle vittime di bullismo per 8 anni

Una ragazza ha scritto una lettera a Fanpage.it per raccontare gli atti di bullismo e cyberbullismo subiti per anni insieme alla sorella gemella: “Se siamo qui oggi è perché siamo state ognuna la forza dell’altra. Io so bene che senza di lei sarei morta prima”.
A cura di Redazione
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Riceviamo e pubblichiamo la lettera che Anna (nome di fantasia) ha scritto a Fanpage.it a pochi giorni dal 7 febbraio, quando si celebra la Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo. Ci racconta di come, per molti anni, ha subito atti di bullismo insieme alla sorella gemella e di come ancora oggi quanto vissuto condiziona la sua vita: "È stato tutto talmente insostenibile che il mio cervello a una certa ha smesso di archiviare ricordi, sogni e ambizioni, attivando la modalità sopravvivenza: di quello che ci è successo, non ricordo che qualche frammento, eppure so benissimo che sono stati gli anni peggiori della nostra esistenza. Non ho quindi cose specifiche da dire a riguardo, ma solo quello che mi è rimasto all’età di 21 anni".

Se anche tu hai una storia da raccontare scrivici qui.

La lettera a Fanpage.it

Non sono mai riuscita a parlare apertamente della mia storia, anzi della “nostra storia”, questa buona parte della nostra vita in cui ci siamo ritrovate a essere io, Anna, e mia sorella gemella Grazia, vittime di uno spietato e cruento sistema. Insieme abbiamo affrontato ben 8 anni di bullismo e di cyberbullismo, e se siamo qui oggi, è perché siamo state ognuna la forza dell’altra. Io so bene che senza di lei sarei morta prima.

È stato tutto talmente insostenibile che il mio cervello a una certa ha smesso di archiviare ricordi, sogni e ambizioni, attivando la modalità sopravvivenza: di quello che ci è successo, non ricordo che qualche frammento, eppure so benissimo che sono stati gli anni peggiori della nostra esistenza. Non ho quindi cose specifiche da dire a riguardo, ma solo quello che mi è rimasto all’età di 21 anni.

Io so che attualmente faccio fatica a uscire di casa, a muovermi nella socialità come fanno gli altri; i rapporti umani mi spaventano, mi spaventa uscire di casa vestita male, ma anche vestita bene, infatti passo la metà del mio tempo fuori casa ad aggiustarmi continuamente, per non aver nulla fuori posto ed essere così “ingiudicabile”.

So che all’università, prima e dopo un esame ho un’ansia fottuta: la mia preoccupazione? Parlare. Dover rivolgere la parola a una persona, nonostante io sia preparata, nonostante abbia passato gli ultimi due mesi sui libri, parlare a una persona è il mio motivo di blocco, forse perché durante le interrogazioni da piccola nessuno mi faceva parlare, o se non sapevo qualcosa tutti scoppiavano in una fragorosa risata, umiliandomi davanti alla maestra, e poi davanti ai prof.

So che son stata zitta per metà della mia vita davanti alle persone, e così mia sorella, per paura di essere giudicate; a me che piace così tanto parlare poi, ed esprimere opinioni, ho passato la vita in silenzio aspettando di sfogarmi attraverso 8/9 pagine di tema, e poi da grande tra scrittura, arte e poesia.

Mia sorella uguale, entrambe innamorate dell’arte, il nostro gioco preferito in passato tra i tanti che facevamo io e lei, era quello di creare “fumetti parlanti”, dove i personaggi erano una centinaia di membri di una famiglia detta “Dei Soddisfatti”, dove tutti erano amici tra loro e tutti si volevano bene. Gli amici che io e lei non avevamo.

So che quando esco oggi, nel mio paese natale, è come se tutto fosse rimasto bloccato nel tempo per noi, siam sempre noi due sole, mentre guardando gli altri, quelli che ci bullizzavano, mi sorprendo ogni volta a vedere come per loro invece il tempo sia trascorso normalmente, come le comitive che ci emarginavano non si sono mai disfatte, come fossero cresciuti da cittadini per bene e ora camminino per le strade senza rimorsi alcuni… e quindi mi vien naturale notare come anche loro abbiano dimenticato tutto, ma anche come loro non abbiano sviluppato una sofferenza sul cuore come ce l’ho io, come ce l’abbiamo io e mia sorella.

Loro non hanno paura di camminare per strada o di parlare. Non hanno ansia o paura. Il male che hanno fatto, non l’hanno mai riconosciuto. Se ci incontrano ci evitano ancora, come se a fargli qualcosa fossimo state noi, ancora e perennemente additate come scarti della società, con l’unica colpa di esser state bambine deboli, buone e facili da colpire.

Vorrei che il mondo oggi capisse che noi vittime di bullismo, dopo anni, se siamo ancora qui a parlarne, è perché ne siamo state superstiti, ma tantissime altre invece sono morte. Le vittime di bullismo lottano per la semplice quotidianità mentre dall’altro lato c’è un bullo o una bulla menefreghista a cui è stato probabilmente insegnato a prevalere sull’altro, facendogli credere che tutto ciò che fanno e dicono gli sia concesso.

Essere un bullo non è essere forte, non è essere figo. Tra le 20 e più persone che ci hanno bullizzato, nessuna ad oggi ci ha mai chiesto scusa, nemmeno genitori o professori ai quali avevamo espresso la nostra pena. Nessuno è stato mai in grado di farci comprendere il perché di tutto questo odio infinito nei nostri confronti.

Noi oggi ci vogliamo un mondo di bene, siamo più unite che mai, frequentiamo anche lo stesso corso di laurea e stiamo per laurearci. Fiere di essere insieme ancor prima di essere nate, e fiere che nessuno sia mai riuscito ad abbatterci e a separarci. Spero che la mia testimonianza possa far aprire gli occhi alle persone su come il futuro di un individuo possa essere ancora doloroso a distanza di anni.

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