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Opinioni

Il caso di Tiziana Cantone. Ecco dove ci porta la società dello spettacolo

Il suicidio di Tiziana Cantone, ennesima vittima della società dello spettacolo, è il segno di una distruzione che invade ogni campo. Anche la cosa più intima e privata che possa esserci, ossia la relazione erotica.
A cura di Diego Fusaro
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Se ne discute molto, in queste ore, nel mondo della rete. Con risposte, letture e prospettive assai eterogenee. Tiziana Cantone si è suicidata. Si è impiccata utilizzando un foulard.

Chi era Tiziana Cantone? Era l’ennesima ragazza divenuta famosa in modo rapido e, diciamolo, immotivato mediante la rete. Originaria di Mugnano, nei pressi di Napoli, Tiziana era, infatti, divenuta famosa sul web in virtù del suo video in cui diceva “stai facendo il video? Bravo”.

Così si rivolgeva, nel video, al suo amante, durante un rapporto consumato in strada: rapporto ripreso dalla telecamera del suo partner. Si può variamente commentare questa vicenda. A nostro giudizio, essa è la prova, se ancora ve ne fosse bisogno, di quanto già diagnosticato a suo tempo dal filosofo ungherese Lukács: nella prosa della reificazione capitalistica della società dello spettacolo, l’esistenza avvizzisce tra i due poli dell’alienazione e della stravaganza. Si tratta di due poli apparentemente opposti e segretamente complementari. Nella civiltà dello spettacolo, il sole non deve mai tramontare: tutto deve apparire, tutto deve essere visibile. Soprattutto ciò che massimamente è inconfessabile. Non v’è spazio per la privatezza e per ciò che è disgiunto dall’apparire mediatico.

Se la modernità si lasciava compendiare nella nota identità di Hegel tra reale e razionale (“ciò che è reale è razionale”), questa nostra stanca e confusa postmodernità pare invece potersi condensare in un altro motto: ciò che è reale è virtuale. Solo il virtuale esiste, e tutto deve essere virtuale, deve apparire, deve mostrarsi. Con tutto ciò che ne consegue. Abbiamo, per un verso, perfetti imbecilli che diventano casi mediatici per le loro discutibili prestazioni in rete, con milioni di “followers”, come usa oggi dire; e, per un altro verso, abbiamo persone che, come Tiziana, pagano con la vita la spietata regola della società dello spettacolo per cui nulla può rimanere celato e privato.

L’antico adagio di Eraclito si è perversamente rovesciato nella società dello spettacolo permanente: non è più vero che “la natura ama nascondersi”. Tutto, al contrario, ama palesarsi in forma spettacolare. Anche la cosa più intima e privata che possa esserci, ossia la relazione erotica. Non v’è più un “esterno” rispetto allo spettacolo: è lo spettacolo che si è fatto mondo. E chi non è preparato a questo pagherà sulla propria pelle le conseguenze. Come nel caso della sventurata Tiziana, ennesima vittima del capitale giunto al suo livello massimo, quello in cui – ricordava Debord – si fa spettacolo.

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Sono nato a Torino nel 1983 e insegno Storia della filosofia in Università. Mi considero allievo indipendente di Hegel e di Marx. Intellettuale dissidente e non allineato, sono al di là di destra e sinistra, convinto che occorra continuare nella lotta politica e culturale che fu di Marx e di Gramsci, in nome dell’emancipazione umana e dei diritti sociali. Resto convinto che, in ogni ambito, la via regia consista nel pensare con la propria testa, senza curarsi dell’opinione pubblica e del coro virtuoso del politicamente corretto.
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