Il caso di Nada Cella riaperto 29 anni dopo, l’avvocata della famiglia: “Soracco sa tutto sul delitto”
Inizierà tra poco più di un mese il processo in corte d'assise per l'omicidio di Nada Cella, la donna nata a Chiavari nel 1971 e trovata morta nel '96 nello studio dove lavorava come segretaria da 5 anni. La mattina del 6 maggio, Cella aveva ricevuto qualcuno che aveva suonato al citofono intorno alle 9 del mattino nello studio del commercialista Marco Soracco. Qui è stata aggredita e colpita almeno quindici volte alla testa e al pube con un oggetto contundente mai ritrovato. Il 6 febbraio il caso tornerà in aula: una svolta clamorosa, a 29 anni dal caso irrisolto.
Ad assistere la famiglia di Nada Cella, l'avvocata Sabrina Franzone con la collega Laura Razetto. Franzone asserisce in un'intervista al Quotidiano Nazionale, di non avere dubbi sulla colpevolezza di Anna Lucia Cecere, accusata di omicidio. La donna si proclama innocente. "Il ragionevole dubbio dovrà riscontrarlo il giudice, io per ora non lo vedo" ha sottolineato Franzone.
Cecere ad oggi si proclama innocente ed è a processo insieme al commercialista Marco Soracco e alla madre Marisa Bacchioni, citati per favoreggiamento e false dichiarazioni.
"Questo processo è teso sotto tanti punti di vista – sottolinea l'avvocata – soprattutto per la fragilità delle persone coinvolte. Riteniamo convincente il quadro della responsabilità di tutti. Pochi giorni dopo il delitto, carabinieri e polizia erano arrivati al nome di Anna Lucia Cecere per vie completamente diverse e indipendenti. All'epoca era una pista".
Secondo la legale, "l'errore madre" sarebbe stato nella convinzione di pm e polizia della colpevolezza di Soracco, inizialmente individuato come autore dell'omicidio. "Un reato d'impeto come questo, senza un sostanziale movente diventa difficile da perseguire. Se mi aspetto nuove testimonianze durante il processo? Il supertestimone sarà Soracco, secondo noi lui sa tutto. Per questo con la madre è accusato di favoreggiamento e false dichiarazioni al pm. Il l riferimento è alle indagini di allora ma anche a quelle che sono ripartite nel 2021. Dovrebbe finalmente parlare, liberarsi di quello che sa”.
"Questo caso è molto particolare – ha spiegato la legale -. La procura e la polizia giudiziaria hanno rifatto le indagini come fossimo tornati al 1996 con i n uovi strumenti. Oggi conosciamo la tecnica del Dna e allora questo caso sarebbe stato risolto in 5 minuti con le tecnologie di oggi. Hanno fatto tutti uno sforzo pazzesco, ricostruendo la vicenda minuziosamente. Solo così si è riusciti a mettere insieme tutto, con la testa scevra da condizionamenti”.