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Il caso della bimba di 10 anni con il niqab in classe: cosa è successo in una scuola di Pordenone

Ha fatto discutere e scatenato reazioni politiche il caso della bambina di 10 anni che a Pordenone si sarebbe presentata in classe indossando il niqab, il velo integrale islamico che copre corpo e volto, lasciando liberi soltanto gli occhi. La notizia riportata da un quotidiano locale ha riacceso il dibattito sul tema.
A cura di Eleonora Panseri
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Immagine di repertorio
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"Abbiamo contattato i dirigenti scolastici di Pordenone per conoscere se, dove e come si è verificata la vicenda della bambina a scuola col niqab. Va detto che almeno per ora riferiscono di non saperne nulla. Se è successo – e va appunto utilizzato il condizionale – bene ha fatto la maestra a intervenire. Ma è opportuno che il caso emerga ufficialmente, così da poter dare eventualmente sostegno, per quanto di nostra competenza, alla bambina, a cui va il nostro primo pensiero".

Lo ha scritto in un post su Facebook Alberto Parigi, vicesindaco e assessore all'Istruzione di Pordenone, dove ieri, lunedì 4 marzo, ha fatto discutere il caso di una bambina di 10 anni che si sarebbe presentata in classe indossando il niqab, il velo integrale islamico che copre corpo e volto, lasciando liberi soltanto gli occhi. La notizia, riportata dal quotidiano locale Pordenone Today ha riacceso il dibattito sul tema.  

A Parigi fa eco anche il primo cittadino, Alessandro Ciriani: "Stiamo cercando di capire in quale scuola della città sia accaduto il fatto riportato dalla stampa", ha scritto a sua volta sui social. Mentre in un'intervista al Gazzettino spiega la necessità di "chiarire in maniera definitiva e non più ambigua che a scuola non si deve andare con il viso coperto. Parlerò nelle sedi opportune per far andare avanti questa cosa. […] In questo Paese viene offerto un ventaglio di opportunità, di libertà, di crescita, di emancipazione, di sviluppo, di realizzazione della propria esistenza che deve poter essere sfruttato".

La notizia diffusa dai genitori e la richiesta della maestra

Sarebbero stati i genitori dei compagni di classe della bimba a rendere nota la vicenda. Come è stato riferito, la maestra sarebbe intervenuta chiedendo alla famiglia di scoprire il volto della figlia che il giorno successivo si sarebbe presentata a scuola solo con l'hijab, il foulard che copre capelli e collo.

"Visto che quella mattina la bambina era già arrivata, e l'insegnante non voleva farle perdere la lezione, per quell'unico giorno è rimasta in classe con il volto coperto e per i compagni è stato una sorta di gioco. Dalla mattina seguente nessuno è mai più tornato sul discorso", hanno raccontato i genitori.

La reazione della politica: "Inaccettabile"

"Il caso di una bambina di 10 anni che si è presentata con il niqab a scuola a Pordenone è un fatto inaccettabile. Obbligare una bambina di 10 anni ad andare a scuola con l'intero volto coperto, tranne gli occhi, contravviene alle più basilari regole del vivere comune, dei diritti fondamentali dei bambini e dell'identità femminile", ha dichiarato in una nota il senatore e segretario della Lega Friuli-Venezia Giulia Marco Dreosto.

"Una cosa è la libertà religiosa, un'altra invece è il fondamentalismo religioso imposto su bambine innocenti. Dopo questo e altri casi, penso sia arrivato il momento che anche l'Italia prenda iniziative per vietare il niqab a scuola e nei luoghi pubblici, per il rispetto dei diritti delle donne e per la sicurezza pubblica. Ricordo come Francia e Belgio abbiano vietato il niqab nei luoghi pubblici e anche l'Egitto, paese musulmano, ne abbia vietato l'uso a scuola. Presenterò un'iniziativa in Parlamento il prima possibile", ha aggiunto.

Anche il consigliere regionale del Fvg del Partito democratico Nicola Conficoni ha confermato il pensiero del collega. "Coprire integralmente con il velo il volto di una bambina è un'inaccettabile forma di imposizione: la libertà di culto riconosciuta dalla Costituzione non ha nulla a che vedere con mortificanti discriminazioni. La strada che le istituzioni devono seguire è quella dell'integrazione fondata sul rispetto delle regole di convivenza civile e l'affermazione della parità di genere", si legge in una nota.

L'Usr del Friuli-Venezia Giulia: “In Italia la legge non lo vieta. La scuola deve favorire l’inclusione

Ma se i diversi esponenti politici hanno appoggiato la decisione dell’insegnante, l’Ufficio Scolastico Regionale del Friuli Venezia Giulia ha preferito mantenersi su una posizione più sfumata. La direttrice generale dell'Usr Daniela Beltrame ha dichiarato che, pur comprendendo l’operato della docente, ritiene che la scuola debba favorire l’inclusione e il rispetto delle differenze, anche di abbigliamento.

“L’insegnante ha certamente agito in buonafede ma è opportuno che riconsideri la sua decisione”, dice Beltrame, che fa sapere di non avere ancora ricevuto alcuna segnalazione ufficiale sul caso, ma precisa che non essendoci al momento una norma specifica che vieti il velo integrale tra i banchi le scuole devono favorire l’inclusione nel rispetto delle differenze anche di abbigliamento. Diverso il suo personale punto di vista sulla questione. Per la dirigente a scuola i bambini non devono sentirsi discriminati e il rispetto della identità religiosa e culturale a suo parere potrebbe non venire esteriorizzato.

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