È giovanissimo Ole Lei Kalunga, capo Maasai di una tribù di 750 persone che ha deciso di andare controcorrente rispetto alle abitudini storiche delle sue terre e difendere le donne dalla pratica della mutilazioni genitali femminili che tradizionalmente vengono praticate principalmente nei Paesi dell'Africa sub-sahariana. Una piaga, quella delle mutilazioni genitali, che ha gli stessi numeri di una guerra (si ipotizza ne siano state vittime almeno 130 milioni di donne nel mondo e ogni anno altri 3 milioni di bambine sono a rischio) ma che non si nota perché non lascia cadaveri in giro: anche in questo caso le donne portano le proprie ferite nascondendole schiacciate dai costumi della società che gli sta intorno.
"Mi occupo di consigliare, educare e formare i membri sull'etica Maasai", racconta Kalunga, "molto tempo fa non si dava valore all'educazione. Ora ci occupiamo delle cose positive e delle cose negative: un esempio di questioni positive è il rispetto per gli anziani mentre tra quelle negative c'è la mutilazione genitale femminile. Molto tempo fa era un rito culturalmente importante per le donne Maasai ma oggi la comunità ha iniziato a vedere gli effetti negativi di questa pratica e la sta combattendo". Come Kalunga anche Douglas (un giovane guerriero della contea di Kajiado, in Kenya) ha abbracciato la causa della sensibilizzazione: "È molto difficile convincere gli uomini – dice Douglas -, poiché credono che una donna non sia tale se non si è sottoposta a mutilazione. Ma non possiamo fermarci, le mutilazioni devono essere fermate".
Uomini che amano le donne. Semplicemente. Ma le amano nel modo più bello e più difficile: con la consapevolezza di chi sa bene che un reale progresso dei diritti passa per forza attraverso la demolizione delle stupide certezze dei benpensanti che si sono travestite da tradizioni. Essere capo spesso significa riconoscere che ciò che è universalmente ritenuto normale è sbagliato; dietro ai conservatorismi spesso c'è la vile volontà di mantenere solo le proprie posizioni. Ed è una storia che mi ha riempito il cuore, quella di Kalunga e quelli come lui, perché racconta di uomini che decidono di "stare con le donne" facendosi carico degli stessi sguardi sconcertati e velenosi (le donne che decidono di non sottoporsi a mutilazione vengono spesso isolate) impugnando l'arma della conoscenza, della dignità e dell'educazione. E l'educazione è l'arma più appuntita che si possa avere in tasca, per cambiare la Storia.