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Opinioni

Il cambiamento climatico uccide, ma stavolta il virus siamo noi

Centotrenta morti per il caldo in poco più di weekend nell’area metropolitana di Vancouver danno le dimensioni di quanto il cambiamento climatico sia già un’emergenza. E di quanto poco stiano facendo i governi per cambiare davvero le cose, a partire dal G20 di Matera. Ecco perché le opinioni pubbliche del mondo devono ricominciare a far sentire la loro voce.
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Centotrenta morti improvvise in poco più di un weekend nell’area metropolitana di una grande e ricca città. Centotrenta persone che non sarebbero morte senza l’emergere di un evento imprevisto che ne ha velocemente peggiorato le condizioni di salute. Sembra la descrizione di quanto successo a Bergamo, Madrid, Parigi, New York e in tantissime altre città a causa dell’arrivo del Covid-19. E invece no,  quel che è successo a Vancouver, in Canada, tra venerdì 25 e martedì 29 giugno 2021 non è colpa di nessun Coronavirus. A Vancouver,  lungo il 49° parallelo nord, più o meno al confine tra Canada e Stati Uniti d’America sono morte 130 persone a causa delle temperature torride che stanno sconvolgendo la costa Ovest del Nord America.

Tecnicamente, si chiama cupola di calore e rientra nei cosiddetti eventi climatici estremi. In sintesi – qua una spiegazione più dettagliata – si tratta di una sorta di gigantesco coperchio in grado di bloccare l'alta pressione e le conseguenti alte temperature su una specifica regione, intrappolando il calore e rendendolo persistente per diversi giorni. Il risultato è qualcosa di mai visto prima: in Canada – più precisamente nel villaggio di Lytton, la colonnina del mercurio ha superato i 46 gradi centigradi, cosa che non era mai successa nel Paese nordamericano. A Portland, Oregon, qualche centinaio di chilometri più a sud, le temperature hanno superato i 50 gradi, finendo completamente fuori scala rispetto  all’andamento normale – comunque in crescita – degli ultimi quarant’anni.

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(Fonte: New York Times)

Al netto di record, numeri e grafici a preoccupare però sono gli effetti, devastanti, di questa incredibile ondata di calore: cavi della corrente elettrica che si sciolgono, strade che diventano poltiglia, come la Interstate 6 di Seattle, bambini e anziani chiusi in casa senza aria condizionata, foreste in fiamme e una siccità che già coinvolge un’area abitata da 54 milioni di persone. A tutto questo si aggiungono i morti: nella sola cittadina di Burnaby, 223mila abitanti nei pressi di Vancouver, sono morte per il caldo 65 persone in soli tre giorni, tra martedì e giovedì.

Negare il cambiamento climatico, di fronte a questi dati, è semplicemente da folli. E anche chi, sempre meno per fortuna, ne nega ancora l’origine antropica, non può non accorgersi che solo un drastico cambiamento del nostro modello produttivo, dei nostri stili di vita – dal mangiare al muoversi – e del nostro modo di produrre e consumare energia può cambiare una situazione che è già sul punto di essere compromessa.

Quest’anno e mezzo di pandemia ce l’ha dimostrato: di fronte all’emergenza lo sforzo dev’essere totale, l’azione tempestiva, il cambiamento radicale. Che l’obiettivo dell’Unione Europea e del G20 sia il raggiungimento della neutralità climatica – la soglia in cui la terra riesce ad assorbire tutte le nostre emissioni di CO2 – entro il 2050, tra trent’anni, dà la misura di quanto ancora l’emergenza debba peggiorare affinché chi di dovere la consideri tale. E di quanto debbano ancora svegliarsi le opinioni pubbliche affinché le prossime estati non finiscano regolarmente per essere peggiori di questa. Di quanto l’umanità non abbia ancora capito di quanto sia essa stessa il virus che deve combattere, per non estinguersi.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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