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Il blocco del porto di Trieste: in 9.000 per dire no al green pass, poi tutti a casa

Il porto di Trieste bloccato a metà nel primo giorno di Green Pass obbligatorio sul lavoro. La minima movimentazione del traffico marittimo portuale è stata comunque garantita. Chiusi i varchi per la manifestazione di solidarietà che ha radunato quasi 9.000 persone. I portuali vogliono continuare ad oltranza.
A cura di Elia Cavarzan
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Numeri da capogiro ieri a Trieste davanti al Varco 4 del molo logistico del Porto Nuovo. Novemila presenze che hanno dato manforte allo sciopero dei lavoratori del CLPT cappeggiato da Stefano Puzzer: "Questa è una manifestazione per la libertà. Nella Costituzione è scritto che ciascuno ha diritto a lavorare senza incorrere in discriminazioni. Noi non ci fermiamo, neanche ora che il governo ha predisposto i tamponi gratuiti per la nostra categoria, noi non ci fermiamo". Risoluto, amato dalla gente, Stefano guida la manifestazione/sciopero di blocco e a volte, persino con tenacia, bacchetta alcuni tra i più facinorosi "che potrebbero fare il gioco dei giornalisti".

C'è chi vuole spingersi oltre, "stanno bloccando i pullman fuori da Trieste con altra gente dentro che sta venendo qui", spiega una giovane al microfono. Poi non si prende nessuna iniziativa. Qualche spintone per chi vuole entrare al porto, i lavoratori portuali difendono la loro stessa linea e anche i giornalisti che di tanto in tanto vengono canzonati dalla folla. Niente tafferugli, solo ripristino delle gerarchie all'interno della manifestazione. Comandano le giubbe gialle e arancioni dei portuali. Balli, cori contri Mario Draghi e il ministro Speranza, musica e birre per tutti.

Arriva nel pomeriggio anche Gianluigi Paragone. Esprime solidarietà ai lavoratori ed è felice di vedere così tanta gente da tutta Italia: "Questo è il parlamento che non ha bisogno del green pass, spero che dai porti le istanze di queste persone possano raggiungere anche altri luoghi di lavoro e altri settori".

Tra la folla, oltre ai molti pacifici che cantano, suonano i tamburi e ballano, c'è anche chi tira qualche spintone ai giornalisti, chi mostra senza preoccupazione tatuaggi di matrice nazifascista al petto: "bravo, bene", gli urlano attorno, mentre con una mano si sposta la maglietta e con l'altra fa vedere la croce celtica tatuata sulla spalla.

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