La questione è molto complessa, gli operatori del settore si muovono sul filo del rasoio: a ogni attentato – ormai, purtroppo, sempre più spesso – la domanda che attanaglia cronisti e reporter è sempre la stessa: esiste un limite al diritto di cronaca? Giusto pubblicare qualsiasi immagine, ritrarre qualsiasi situazione, riprendere cadaveri e feriti, sbatterli in televisione o in prima pagina, calpestare la dignità delle vittime e dei loro parenti? Non è facile rispondere a questa domanda, non lo è affatto. Da una parte abbiamo il dovere del cronista di documentare fatti di rilevanza pubblica, dall'altra parte il diritto alla privacy delle persone coinvolte in stragi e attentati, che potrebbero non volersi veder pubblicare sanguinanti – o peggio ancora, morti – in tutte i giornali del mondo.
La domanda torna prepotentemente in voga oggi, con il terribile attentato di Nizza, in cui sono state uccise 84 persone e altre 18 versano in gravissime condizioni. La polizia di Nizza ha chiesto alla stampa di non contribuire alla diffusione di foto e video delle scene del crimine, un segno di rispetto nei confronti delle vittime e dei relativi parenti. Rispetto che viene reso ancor più necessario dalla presenza di numerosi bambini nella lista dei feriti e dei deceduti. La strage dei bambini, è stata soprannominata da molti giornalisti, perché i minori rimasti vittima della furia cieca di Mohamed Lahouaiej Bouhlel sono molti, almeno 10, e altri 54 sono attualmente ricoverati in ospedale e lottano tra la vita e la morte.
Il tema si fa quindi molto caldo, quando di mezzo ci sono i minori, le regole deontologiche della professione diventano ferree, molto più ferrere rispetto a quando i confini del diritto di cronaca vengono travalicati quando i protagonisti delle vicende risultano essere persone adulte. La priorità per ogni professionista del settore è rispettare e proteggere la privacy dei bambini coinvolti in fatti di cronaca, celandone l'identità, rendendoli irriconoscibili e non identificabili. Ma davanti a un fatto così cruento, come si può agire correttamente? Esiste un modo corretto di agire oppure la cronaca di una tragedia di questa entità deve essere demandata alla sensibilità del cronista e dei redattori della testata? La priorità deve essere la cronaca puntuale dei fatti o la protezione del diritto alla riservatezza e alla privacy delle persone, dei soggetti più deboli?
Non solo, la questione è molto più ampia di quanto possa apparire di primo acchito: la ricerca dello scoop a tutti i costi è etica o travalica le regole che la deontologia professionale impone a ogni cronista? Un banale esempio: nella serata di ieri, France Tv ha mandato in onda un'intervista al marito di una vittima, braccato mentre stava vegliando il cadavere della propria moglie, appena morta. Era visibilmente sotto choc, un documento ad altissimo impatto emotivo. Immagini brutali, scioccanti, un contenuto a cui – a mio avviso – i telespettatori non erano pronti. È stato mandato in onda, nel momento in cui tutta la Francia stava guardando la televisione per capire che cosa fosse successo realmente, per capire se quello di Nizza era l'ennesimo attentato di matrice islamica che stava sconquassando il Paese, per comprendere se davvero nel giorno dei festeggiamenti della "Presa della Bastiglia" qualche pazzo integralista avesse voluto colpire con uno scriteriato e imprevedibile attentato uno dei simboli della società occidentale: la democrazia francese che in quel momento veniva festeggiata dalle persone che la reputano un valore intoccabile, incrollabile, incolmabile.
Le parole di una marito sotto choc, incapace di comprendere che cosa stesse realmente succedendo, spiattellate senza autorizzazione in diretta, davanti a milioni di telespettatori. E quei telespettatori sono insorti e hanno manifestato il proprio sdegno, sostenendo che no, quello non poteva essere considerata semplice cronaca: era sciacallaggio, in quel modo il cronista non stava documentando nulla di rilevante, ma stava solamente calpestando la dignità di un uomo in preda allo sconforto più profondo al solo scopo di porre la propria firma su un sensazionale scoop che avrebbe potuto essere ripreso dai media di tutto il mondo. L'emittente di è subito scusata, sostenendo non facesse assolutamente parte della propria visione editoriale un contenuto così "brutale" e che era stato mandato in onda per errore, a causa di un'errata valutazione causata dalle concitate circostanze.
Riprendere il dolore di una mamma che ha perso il proprio figlio, fotografare i corpicini stesi sull'asfalto, mostrare cadaveri o persone gravemente ferite, scavare nelle vite delle vittime di attentati terroristici e raccontarne vita, morte e miracoli, inseguire i parenti di morti e dispersi, può considerarsi diritto di cronaca? Esiste una risposta giusta a questa domanda? La mia personale risposta è che sì, esiste e deve assolutamente esistere un confine da non travalicare quando ci si trova a raccontare fatti così atroci, e quel confine è la dignità della persona coinvolta in quei fatti. Il video che ritrae l'operazione di polizia che ha portato all'uccisione dell'attentatore è un documento giornalistico, per quanto sia cruento, ma lo è. La fotografia dei corpi delle vittime stesi sull'asfalto, lo è altrettanto. L'immagine toccante di un corpicino coperto da un telone dei soccorsi con di fianco un pupazzo è toccante, aggiunge poco alla cronaca del caso, mi verrebbe da considerarla più artistica che giornalistica, ma comunque la comprendo, suscita emozioni senza mancare di rispetto alla piccola vittima. Il video del camion che si dirige verso la folla e la investe, cruento sì, ma assolutamente rilevante a livello giornalistico. Ma lo scempio realizzato da France Tv no, non può in alcun modo essere considerato diritto di cronaca: è mero sciacallaggio, è cattiveria, è qualcosa che solo una belva prive di qualsivoglia sensibilità può realizzare. Non esiste diritto di cronaca che tenga davanti al rischio di violare il diritto alla riservatezza di una persona già frastornata e psicologicamente massacrata da un evento del genere.