I suoi cani lasciati nella villetta abbaiano giorno e notte, processato per stalking ai vicini
Un uomo di 59 anni, medico e professore universitario, è finito a processo con la pesante accusa di stalking perché, di fronte alle lamentele continue dei vicini per l'abbaiare incessante dei suoi cani, lasciati in una villetta dove non risiede, non avrebbe fatto nulla, rendendo di fatto impossibile la vita agli altri residenti.
La vicenda arriva da Firenze dove, dopo quasi oltre cinque anni di lamentele, prima dirette e poi per via giudiziaria, si è arrivati addirittura a processo per un reato penale. La Procura toscana infatti, dopo varie denunce, ha deciso di agire per il reato di atti persecutori e disturbo delle occupazioni e del riposo delle personali confronti di cinque persone, accertate come presunte vittime dei comportamenti che si sono costituite come parti civili nel processo.
Come ricostruisce la Nazione, le prime segnalazioni risalgono addirittura al 2015 quando l'uomo avrebbe scelto la villetta sopra Campo di Marte come dimora dei suoi tre labrador pur abitando in un altro appartamento. Secondo i vicini, in particolare una famiglia di una villetta confinante, da quel momento la loro vita sarebbe diventata un inferno.
Le presunte vittime lamentano l'assoluta impossibilità di riposo ma anche di studio o di lavoro, nonostante interventi strutturali alla loro abitazione come i doppi vetri per evitare di sentire l'abbaiare dei cani. Una situazione che, col passare del tempo, è diventata sempre più insostenibile anche per altri vicini che vivono però un po' più distante dalla villetta.
A subire le conseguenze maggiori la famiglia più vicina che lamenta di aver dovuto tenere le finestre chiuse anche nel periodo estivo e di aver dovuto dormire con i tappi nelle orecchie con un inevitabile perdurante stato di ansia. Da qui le numerose chiamate alle forze dell’ordine, poi sfociate in denunce.
Una situazione che per la Procura va punita in quanto il professore sarebbe rimasto "incurante delle segnalazioni reiterate e delle iniziative giudiziarie del vicino" e avrebbe cagionato alla famiglia "volontariamente e consapevolmente" un "perdurante e grave stato d’ansia" costringendola a "cambiare e alterare le proprie abitudini di vita".