I rianimatori: “Negazionisti Covid rifiutano le flebo di zuccheri perché non sanno cosa c’è dentro”
Ha suscitato scalpore nei giorni scorsi la storia di Alessandro Mores, 48enne di Thiene padre di cinque figli morto dopo aver contratto il Covid-19 e aver ostinatamente rifiutato di essere intubato. L'uomo – convinto No Vax – aveva minimizzato per mesi le conseguenze della pandemia fino a quando non si era ammalato e, dopo alcune settimane in casa, era stato trasportato all'ospedale San Bortolo di Vicenza, dove è morto dopo un paio d'ore. Ebbene, il suo non è un caso isolato. Al contrario, come rivela all'ANSA il presidente della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione Terapia Intensiva (Siaarti) Antonino Giarratano, "rispetto ad un anno fa è cambiato il tipo di paziente ricoverato nelle terapie intensive: 7 su 10 sono No Vax, di questi la metà sono anche negazionisti, quindi non negano solo vaccino ma l'esistenza stessa del Covid e l'utilità del cure". Questi malati arrivano in ospedale in condizioni gravissime, dopo settimane senza cure o con pseudo cure, e non è raro che, una volta ricoverati, rifiutino le procedure salvavita. "Di conseguenza, la sopravvivenza di pazienti Covid che arrivano in terapia intensiva sta diminuendo rispetto a mesi fa".
Così , aggiunge Giarratano, "in passato solo i malati oncologici terminali rifiutavano le cure, ora le rifiutano persone che possono esser salvate". "Non era mai capitato prima – prosegue il direttore del dipartimento Emergenza e Urgenza del Policlinico universitario di Palermo – di ricoverare in terapia intensiva soggetti che, sapendo che stavano andando in arresto cardiaco, rifiutassero ventilazione meccanica, emodialisi o circolazione extracorporea. Ora, in alcuni casi, rifiutano persino la flebo con gli zuccheri o l'ossigeno per via nasale, perché ‘non sanno cosa ci sia dentro'".
Il presidente della Siaarti spiega: "Abbiamo un numero inferiore di ricoverati rispetto a un anno fa ma con un disagio più grave perché non sono diminuiti i ricoveri in terapia intensiva non Covid, come quelli dovuti a incidenti stradali e sepsi. Tra l'altro si avvicina anche il picco influenzale". Un anno fa le cure scarseggiavano e curare tutti era molto difficile. Ora è il contrario: "Abbiamo le intensive piene di persone che non vogliono esser curate". L'altro lato della medaglia è "un popolazione sanitaria bombardata da minacce di azioni legali, che non ce la fa più. Perché quando hai pochi minuti per intubare o ventilare un paziente, spesso devi scegliere tra sottoporgli il consenso informato o salvargli la vita". Questo, conclude Giarratano, "è aspetto totalmente nuovo che va deontologicamente e eticamente ristudiato, serve una rivalutazione normativa". Contestualmente al rapido incremento dei ricoveri ospedalieri del nostro Paese, si registra anche quello di "casi di pazienti con quadri clinici severi correlati a Covid-19 che rifiutano il ricovero in Terapia Intensiva o di sottoporsi a trattamenti di supporto vitale giudicati utili e appropriati dai curanti".