Non portano voti, né poteri né soldi, forse è questo che li rende così belli. Perché in mezzo ai tanti dubbi che ancora permangono una cosa è certa, i ragazzi tornati oggi a scuola sono la prima cosa bella dopo due anni. Non solo perché da eterna dimenticata, la scuola è tornata al centro degli sforzi della politica come non capitava da ben prima della pandemia – 60 mila gli insegnanti di sostegno ingaggiati, 58800 i docenti messi in ruolo contro i 19 mila dell’anno precedente – ma perché per la prima volta i ragazzi vengono considerati per quello che sono, il futuro. Né più né meno.
E come sembrano lontani i tempi in cui li si additava come “untori” e si attribuiva a loro ogni genere di nefandezza. Sembra incredibile, ma nemmeno un anno fa ci fu persino qualcuno che si prese la briga di accusare i ragazzi del “torbido proposito di seminare il contagio” e di immaginarli tutti intenti in “spedizioni punitive notturne senza mascherine […] sputando sui citofoni dei fortunati che abitano in centro”. Roba che sembrava uscita da un romanzo di Thomas Pynchon e invece era l’editoriale del quotidiano nazionale più letto in Italia.
I ragazzi tornati oggi a scuola sono belli perché settembre avrà sempre l'odore degli articoli di cancelleria e di quaderni nuovi, anche quando si invecchia, anche adesso, in questo preciso istante, ed è quasi un miracolo che i ragazzi siano tornati a sentirlo di persona, insieme all’ansia e alla frenesia che sempre accompagnano il primo giorno di scuola.
Imbozzolati come larve nei discorsi di potere di chi persegue i propri interessi e le proprie fissazioni – politici ora al governo ora all’opposizione, sindacati, e non ultimi genitori no-vax – i ragazzi tornati oggi a scuola sono belli per tutte quelle loro madri che a causa degli edifici scolastici chiusi hanno rinunciato al proprio lavoro, oppure, le più fortunate, lo hanno svolto in bagno, come Sara, 44 anni, madre single con tre figli a carico, costretta a fare dell’unico bagno in casa il suo ufficio, perché “tu donna sola con figli funzioni finché hai qualche alleato, ma quando la scuola chiude, perdi l’alleato principale. E non ce la fai”.
Altro che banchi con le rotelle, oggi il rientro in classe è avvenuto dopo un milione e settecentomila ore di didattica recuperate già durante l’estate soprattutto nelle scuole del Sud e un 93% del personale scolastico vaccinato ad attendere gli alunni a scuola, un bordone di sicurezza ben stretto e oltre ogni più rosea aspettativa. Diversamente da quanto fatto trapelare all’inizio, il protocollo siglato il 14 agosto chiarisce che i tamponi gratuiti potranno essere effettuati solamente al personale “in condizioni di fragilità sulla base di idonea certificazione medica”, e non si capisce perché lo Stato avrebbe dovuto pagare i tamponi a chi sceglie di prendersi cura di coloro che domani guideranno il Paese ma non ha a cuore la salute pubblica.
Intendiamoci, non si può parlare di “sicurezza nelle scuole” se i muri degli edifici continuano a crollare a pezzi. Basta accedere al Silos (Sistema informativo Legge Opere Strategiche) e scorrere il Piano straordinario per l’edilizia scolastica e messa in sicurezza per rendersi conto di quanto il Piano straordinario per la messa in sicurezza delle strutture scolastiche, con particolare riguardo a quelle ubicate in zone a rischio sismico, proceda a rilento. Dal 2002, dopo il crollo della scuola elementare di San Giuliano di Puglia in cui morirono 27 bambini e un insegnante, una tragedia immane, che avrebbe dovuto accelerare i piani di riqualificazione edilizia del comparto scolastico, solo la metà degli edifici scolastici segnalati come “in emergenza” sono stati messi in sicurezza. C’è ancora molto da fare, come sempre in Italia.
Oggi però godiamo della prima cosa bella che si offre ai nostri occhi stanchi di pandemia dopo due anni.