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Covid 19

I nuovi poveri italiani: “Senza lavoro per colpa del virus: siamo senza soldi anche per la spesa”

Antonella ha tre figli, di 2, 6 e 17 anni. Francesca ha 37 anni, 1 bimbo di 4, Ramon ha fatto un lungo percorso prima di trovare un lavoro in fabbrica. Antonella, Francesca, Ramon. Li ho conosciuti proprio grazie al Market Sociale Terza Settimana, che aiuta chi non ce la fa a fare la spesa.Sono soltanto 3, ma sono un esempio degli italiani impoveriti dal Coronavirus, che faticano ad arrivare alla alla fine del mese, che hanno bisogno di aiuto, immediato, per risollevarsi. Sono soltanto 3, ma ne rappresentano centinaia di migliaia. Antonella non riceve la cassa integrazione e non prende soldi da febbraio, a Ramon e a Francesca non è stato rinnovato il contratto.
A cura di Gianluca Orrù
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Adesso vanno avanti con gli aiuti della chiesa, delle associazioni che lottano contro la povertà, grazie all'esistenza di dormitori pubblici che aprono le loro porte ai senza fissa dimora, grazie al reddito di cittadinanza. Ma nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, come faranno ad andare avanti?

Il Coronavirus uccide i poveri in modo diverso, lentamente, attaccando prima la speranza per il futuro, poi la serenità economica, inducendo una straziante e lunghissima disperazione nel malcapitato, che percepisce grande solitudine e la sensazione di non avere nessuno che lo possa aiutare realmente ad uscire dalla sua personale palude di sogni infranti e amarezza.

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Una sensazione che cercano di alleviare alla Terza Settimana, il market sociale che regala la spesa ai poveri della città. Qui ho incontrato Bruno Ferragatta, che mi ha introdotto nel mondo complesso e delicato della povertà che avanza senza tregua, aiutata dalle disfunzioni del Lockdown per Covid-19, che ha salvato la pelle a molti e ha condannato altri alla povertà per dimenticanza e abbandono. E' vero è illegale licenziare, per ora, ma quelli a cui non è stato rinnovato il contratto? Quelli che sono stati tecnicamente licenziati, senza stipendio nè cassa? Chi ci pensa a loro?

Ramon, senza fissa dimora

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"Non ho fiducia nel futuro, non ho fiducia in niente – mi dice Ramon con gli occhi liquidi e l'espressione rassegnata – ci tenevo davvero molto a questo lavoro, per me era come ricominciare a vivere"

Fuori dal dormitorio della periferia di Torino c'è qualche serranda aperta. Qualche bar vende caffè sulla soglia, il lockdown qui continua a causa dei fallimenti che stanno impedendo di riaprire a molti commercianti della zona.

"Lavoravo nell'edilizia a Bologna, poi ho avuto problemi alla schiena – racconta Ramon – così non potendo pagare l'affitto ho deciso di ritornare a Torino. Qui sono entrato nel giro dei dormitori, un mondo che non conoscevo"

Fin quando non riuscirà a sistemarsi in una casa popolare, sarà difficile rientrare in fabbrica. "Giustamente per entrare bisogna fare dei sacrifici, il turno di notte per esempio. Ma stando in un dormitorio non posso, perchè di giorno il dormitorio è chiuso"

Antonella, la cassa non arriva da febbraio

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"L'affitto mi ha aiutato a pagarlo la chiesa, per la spesa mi aiutano quelli della terza settimana". Mentre prepara un caffè, Antonella mi accoglie in una tarda mattinata di fine maggio in una casa in una zone più popolose di Torino, Santa Rita.

Qui per strada c'è movimento, fila fuori dai tabaccai e ai banchi della frutta e verdura del locale mercato. A casa di Antonella invece molto silenzio, con i bambini che giocano nell'altra stanza e il figlio di 17 anni che è andato a fare un giro con la fidanzata.

Si torce la mani Antonella, mentre racconta di aver dovuto chiedere aiuto per andare avanti. "Non è giusto – dice – io un lavoro ce l'ho ma è dal 28 di febbraio che non vedo niente, nè cassa nè niente. Dicono che in banca ti puoi far anticipare la cassa, ma ci vogliono degli interessi. Non è giusto"

Francesca, meno male che c'è il Reddito

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Ci vediamo in un bar, accanto a lei il fidanzato, che si occupa di sicurezza in locali notturni. Anche lui a piedi da mesi. Sorridono e sembrano avere più fiducia nel futuro, o almeno meno fretta. La loro serenità forse viene dal figlio di Francesca, un bambino di 4 anni avuto da un uomo che adesso è in carcere e che le fa ancora la guerra da laggiù, pur non essendosi mai occupato del figlio che le ha lasciato.

Adesso Francesca frequenta un altra persona che ha accettato il primo figlio, dopo molto tempo era riuscita ad accedere ad un lavoro in un bar della zona industriale di Nichelino, poco oltre i confini della città.

"10 euro al giorno di benzina – dice guardando negli occhi – ma meglio che stare a casa a non fare niente. Adesso il bar è aperto ma siccome è a conduzione famigliare bastano loro a lavorare e mi hanno lasciato a casa. Li capisco, c'è poco lavoro"

Alla domanda su come immagina il suo futuro Francesca esita, guarda lui, poi sorride dicendo che "le cose si metteranno a posto, per il lavoro e per il resto. Meno male che percepisco il reddito di cittadinanza"

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