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I migranti di Rosarno chiedono giustizia per la morte di Sekine

Su quanto accaduto la mattina dell’8 giugno esiste una versione ufficiale, diramata dalle forze dell’ordine poco dopo che la notizia è venuta fuori. E poi c’è quella dei migranti, che raccontano un’altra parte della storia e che adesso chiedono giustizia. “Questo è quello che è successo, quello che si legge sono bugie”, ci ha raccontato un ragazzo della tendopoli.
A cura di Claudia Torrisi
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Migranti in corteo verso il comune di San Ferdinando, tensione dopo uccisione migrante in tendopoli

A quattro giorni dalla morte del 27enne maliano Sekine Traore nella tendopoli di San Ferdinando, a pochi chilometri da Rosarno, sull'episodio ci sono alcuni punti fermi e diversi aspetti da chiarire. Di certo c'è che i migranti che lavorano come braccianti nella Piana di Gioia Tauro vivono in condizioni spaventose: tende sovraffollate, strutture abbandonate o baracche, dormendo in materassi stesi per terra o in edifici fatiscenti senza elettricità o servizi igienici. Una situazione di disagio e degrado sociale, oggetto di denunce rimaste sempre lettera morta. In questo contesto è morto Sekine, ucciso da un colpo di pistola sparato da un carabiniere interenuto per sedare un diverbio nato nella tenda-bar dell'accampamento di San Ferdinando.

"La situazione qui è sempre tesa per il forte disagio che si vive, c'erano state liti in passato ma sporadiche rispetto alle difficoltà. Per questo non riesco a capire come in una situazione già così fragile una banale lite non si sia riuscita a contenere", ci ha spiegato Giulia Anita Bari, che si occupa dei progetti in Calabria di Medu – Medici per i diritti umani.

Su quello che è successo la mattina dell'8 giugno, quando Sekine è morto, esiste una versione ufficiale, diramata dalle forze dell'ordine poco dopo che la notizia è venuta fuori. Seguendo questa ricostruzione, i carabinieri sono stati chiamati dai migranti, per sedare una lite scatenata da Sekine, che era particolarmente molesto. Il ragazzo, "dopo aver lanciato pietre e altri oggetti contro i militari" avrebbe ferito all'occhio destro il carabiniere, che era "intervenuto insieme ad un collega per sedare una lite tra due extracomunitari". Nel comunicato dell'Arma si legge che nonostante Sekine fosse stato di nuovo allontanato "questi si scagliava ancora una volta contro il militare precedentemente ferito al viso che reagiva all’aggressione con un colpo della pistola d’ordinanza, che nella concitazione degli eventi attingeva il Traoré all’addome". Sostanzialmente, secondo le forze dell'ordine Sekine aveva iniziato a litigare con gli altri braccianti dentro la tenda, agitando il coltello, per un tentativo di furto o "per una sigaretta". I migranti, spaventati, hanno chiamato i carabinieri, che sono intervenuti per riportare l'ordine. Ma Sekine li ha aggrediti, e ne ha ferito uno all'occhio (con il coltello). A questo punto ne è nata una colluttazione, durante la quale il carabiniere precedentemente ferito avrebbe sparato per difendersi.

Secondo le forze dell'ordine, tra l'altro, Sekine Traore sarebbe stato "in evidente stato di agitazione, non si sa ancora se per abuso di alcool o di altre sostanze", ha detto il Procuratore di Palmi, Ottavio Sferlazza, che ha precisato che "il carabiniere dovrà essere iscritto nel registro degli indagati, ma il quadro che si delinea è di una legittima difesa da parte del militare".

La versione dei migranti di San Ferdinando, che vivevano nella tendopoli con Sekine e – per lo meno alcuni – hanno assistito agli eventi di mercoledì mattina è parzialmente differente. I ragazzi confermano che quel giorno nella tenda che funge da bar c'è stata una lite. Secondo uno di loro, Sekine era entrato nella baracca quella mattina chiedendo al barista – un migrante del Ghana – l'incasso. Al rifiuto "lui ha protestato e ha preso questo coltello in mano dicendo di non avvicinarci o ci faceva male. Per questo abbiamo chiamato i carabinieri". Sempre lo stesso ragazzo ci ha raccontato che all'arrivo dei militari questi "gli hanno detto di restituire i soldi, sono entrati nella tenda e hanno provato a catturarlo, e lui ha ferito il carabiniere". Medu ha parlato con il migrante del Ghana che gestisce la "baracca ristorante", che ha confermato "che il ragazzo era agitato e che aveva preso un banale coltello da ristorante. In effetti c'era un carabiniere con del sangue sul volto, ma non ha capito se a causa di un coltello o di un sasso o un altro oggetto perché lui era uscito fuori. Poi ha sentito lo sparo e ha visto il ragazzo a terra".

Dunque Sekine era agitato ed effettivamente aveva spaventato gli altri migranti con un coltello. I carabinieri sono intervenuti su loro richiesta, e lui ne ha ferito uno. Fin qui la storia combacia in qualche modo con la versione ufficiale, secondo la quale, però, a questo punto dovrebbe esserci stata una violenta colluttazione e un'ulteriore aggressione di Sekine, da cui il carabiniere ferito si sarebbe difeso sparando.

Un migrante intervistato qualche ora dopo la morte di Sekine raccontava – visibilmente scosso – di "bugie" dei carabinieri, un "coltello per panini" e di "di sette persone contro uno", una circostanza cui si riferivano anche parecchi cartelli presenti alla manifestazione indetta ieri dai migranti. Un'attivista di Acad che ha parlato con diversi braccianti, ha riportato che molti di loro hanno raccontato dell'arrivo di sette carabinieri "che gli hanno chiesto di lasciarli soli con questo ragazzo". Mentre si trovavano fuori dalla tenda-bar "hanno sentito lo sparo, hanno provato a rientrare ma non gli è stato consentito". Antonio, un altro attivista del posto ci ha confermato che i migranti concordano tutti nel fatto che quando il 27enne è morto con lui c'erano solo le forze dell'ordine.

"Mi sono svegliato e ho visto tanta gente in giro. I carabinieri sono entrati nella tenda per cercare di arrestare quest'uomo e dalla tenda ne è uscito uno con il sangue sul volto", ci ha raccontato uno dei ragazzi della tendopoli di San Ferdinando. "Quindi – ha aggiunto – a un certo punto i carabinieri hanno detto a tutti di andare via: ‘andate via, voi siete dei rompicoglioni, via'". Secondo il racconto del migrante, uno dei militari intervenuti "ha detto al collega ferito di mettersi all'ombra e due carabinieri sono entrati dentro la tenda. Hanno detto ad altri di fare compagnia al carabiniere sanguinante e sono entrati dicendo ‘Ci penso io'. Quando sono usciti hanno chiamato l'ambulanza" perché Sekine era morto. Non sarebbe stato quindi, seguendo questa ricostruzione, lo stesso carabiniere ferito e nuovamente aggredito a sparare, ma un altro. "Questo è quello che è successo, quello che si legge sono bugie", ha detto un altro ragazzo.

Certo è che i migranti avevano piena fiducia nelle forze dell'ordine che, come ha confermato anche Giulia Bari di Medu, "chiamavano quando avevano bisogno" e dalle quali "si sentivano protetti", specialmente dopo la ripresa delle aggressioni nei confronti dei lavoratori delle campagne ad opera di ignoti. "Io sono da quattro anni in Italia e non avevo mai visto una persona fare così, ammazzare così. Io ho paura, vado via da qui, vado a Milano", ha commentato un ragazzo della tendopoli. A leggere i cartelli e a sentire i cori portati in corteo il giorno dopo l'episodio dai migranti sotto al Municipio di San Ferdinando, appare evidente una richiesta di giustizia su quanto è accaduto mercoledì mattina a Sekine: "Quello che è accaduto ieri non è giusto. E vogliamo che tutta l'Italia e tutta l'Europa lo sappiano", ha detto uno dei manifestanti ieri. Un ragazzo ci ha confessato che "le persone ora hanno paura della polizia": "Noi li avevamo chiamati per aiutarci, perché uccidere?"

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