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I giudici di Milano: “Articolo 34 della legge Biagi discriminatorio”

Le motivazioni dei giudici milanesi sulla “natura discriminatoria del comportamento” di Abercrombie&Fitch nei confronti di un dipendente. L’articolo 34 della legge Biagi contrasta con il principio di non discriminazione in ragione dell’età.
A cura di S. P.
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Lo scorso aprile la Corte d’Appello di Milano è intervenuta sul caso di un giovane magazziniere che lavorava da Abercrombie & Fitch, nota catena di abbigliamento che ha un negozio anche nel capoluogo lombardo, dando ragione al dipendente. I giudici avevano dichiarato la “natura discriminatoria del comportamento” tenuto dall’azienda per aver assunto il dipendente “con un contratto intermittente in forza della sua sola età anagrafica”, cioè perché aveva meno di 25 anni. “Il mero requisito dell'età non può giustificare l'applicazione di un contratto pacificamente più pregiudizievole, per le condizioni che lo regolano, di un ordinario contratto a tempo indeterminato”: è quanto scrivono ora i giudici della sezione Lavoro della Corte d'appello di Milano nelle motivazioni della sentenza dello scorso aprile. Nelle motivazioni della sentenza, in sostanza, la norma della riforma Biagi del 2003, utilizzata dall'azienda per assumere il giovane con un contratto a chiamata, ha un “contenuto discriminatorio” in base alle normative europee. E quindi è stato discriminatorio anche il comportamento dell'azienda in merito a quella assunzione.

Le motivazione della condanna per Abercrombie&Fitch

Con la loro sentenza i giudici milanesi hanno ordinato a Abercrombie&Fitch di “cessare tale comportamento discriminatorio” e di riammettere il dipendente al suo posto di lavoro in forza di un rapporto di lavoro subordinato part time. L'azienda dovrà inoltre pagare oltre 14mila euro al lavoratore. Nel 2010 il giovane era stato assunto con una forma di contratto precario che era stata motivata dall'azienda spiegando che “il candidato ha meno di 25 anni ed è disoccupato”, sulla base di un decreto legislativo del 2003, la riforma Biagi. Il giovane era stato poi licenziato quando aveva compiuto i 25 anni. La discriminazione che si determina, scrivono i giudici nelle motivazioni, “rispetto a coloro che hanno superato i 25 anni non trova alcuna ragionevole e obiettiva motivazione. Analogamente nessuna ragionevole giustificazione è ravvisabile nel fatto che, per il solo compimento del 25esimo anno, il contratto debba essere risolto”. L’articolo 34 della riforma Biagi utilizzato all'azienda contrasta, per i giudici, con il “principio di non discriminazione in ragione dell'età” che deve essere considerato un principio generale del diritto comunitario.

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