I genitori di Giulio Regeni: “Gite al Cairo, poi tornano a mani vuote. Sarebbe più dignitoso tacere”
"Sette anni. Chissà cos’hanno tutti da nascondere per ostacolare la verità con tanta oltraggiosa determinazione. Abbiamo i nomi, abbiamo i volti di quattro tra i molti artifici di ‘tutto il male del mondo'. Ci manca la loro elezione di domicilio per celebrare finalmente un processo in Italia".
Nel giorno del settimo anniversario del ritrovamento del corpo di Giulio Regeni, i genitori Paola e Claudio hanno scritto un messaggio insieme all’avvocata Alessandra Ballerini. "Chi, ad ogni gita al Cairo, dopo i selfie e i salamelecchi di rito, si riempie la bocca di ‘collaborazione' dovrebbe spiegare agli italiani perché tornano a casa sempre a mani vuote, incapaci di farsi dare anche solo 4 indirizzi. Sarebbe più dignitoso tacere. A furia di stringere le mani (e vendere armi) ai dittatori si rischia di trovarsi insanguinate anche le proprie. E di offendere la nostra dignità”.
Sette anni fa, lungo l'autostrada che collega Il Cairo e Alessandria, veniva ritrovato il cadavere sfigurato del giovane ricercatore friulano, scomparso dalla capitale egiziana pochi giorni prima. "Ricordo in bianco e nero… 3 febbraio 2016”, con una foto e questa scritta la mamma Paola oggi ha voluto ricordare l’anniversario.
Il collettivo "Giulio siamo noi", vicino alla famiglia Regeni, ribadisce la "richiesta di verità su quanto accaduto" al giovane, torturato e ucciso mentre si trovava in Egitto per motivi di studio. "Inviolabilità! – si legge sul profilo Facebook – la verità è un diritto inviolabile. Dopo sette anni la pretendiamo per Giulio, per tutti noi. Basta parole vuote, strette di mano e passerelle offensive".
Chi indaga a piazzale Clodio è convinto che Giulio Regeni sia stato torturato e ucciso dopo esser stato segnalato come spia alla National Security dal sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, con il quale era entrato in contatto per i suoi studi.
Sotto accusa ci sono Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Tutti rispondono di sequestro di persona, Abdelal Sharif anche di lesioni e concorso nell'omicidio.
Il processo è però sospeso: il nodo restano le mancate notifiche agli imputati, dei quali le autorità egiziane non hanno mai fornito gli indirizzi di domicilio.