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I “farmaci” omeopatici ai terremotati, per favore, no

La Regione Marche annuncia la distribuzione di “farmaci” omeopatici alle persone colpite dal Terremoto che ha devastato il Centro Italia. Com’è possibile che sia permesso a un’istituzione statale di distribuire prodotti privi di qualsiasi efficacia comprovata da seri studi scientifici?
A cura di Charlotte Matteini
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La Regione Marche ha deciso di istituire un presidio, sito ad Acquasanta Terme, per la distribuzione di "farmaci" omeopatici alla popolazione residente che tra la notte del 23 e 24 agosto è stata colpita dal gravissimo sisma di sesto grado della scala Richter che ha devastato alcuni centri di Lazio e Marche.

L'annuncio è stato pubblicato su Twitter e, com'era facilmente prevedibile, ha scatenato una coda di polemica, questa volta non del tutto infondata: come rimarcato dal Cicap, intervenuto nella discussione insieme al medico ginecologo Salvo Di Grazia, conosciuto sul web grazie al suo celebre blog Med Bunker, che da tempo si occupa di debunking di bufale a sfondo scientifico. Come più volte rilevato da numerosi medici e scienziati, l'omeopatia non è assolutamente una medicina riconosciuta, tanto meno è mai stata provata la sua efficacia terapeutica. L'omeopatia, scusate la brutalità, altro non è che una delle più diffuse tecniche di cura alternativa al mondo, la più conosciuta e quella ritenuta più affidabile anche grazie alla presenza di cosiddetti medici omeopati e farmacie omeopatiche che contribuiscono, loro malgrado, ad accrescere la sua aura di cura medica efficace. Ebbene, nonostante l'esistenza di questi medici e di queste farmacie, mi scuso di nuovo per la brutalità, l'omeopatia non può in nessun modo essere considerata medicina a tutti gli effetti perché non esiste uno – e dico uno – studio scientifico a supporto che possa sostenere una qualsiasi efficacia di questo tipo di composti.

Breve spiegazione molto sintetica per chi non sa che cos'è e come funziona l'omeopatia: la cosiddetta medicina omeopatica sostiene l'esistenza di una cosiddetta "memoria dell'acqua", ovvero il principio secondo il quale gli atomi che compongono l'H2O sarebbero in grado di ricordare tutte le sostanze con cui sono venute a contatto, conservando quindi l'effetto terapeutico di tal principio attivo anche in presenza di una forte diluizione dello stesso o, addirittura, in completa assenza dello stesso principio attivo. Già dalla descrizione, è facile comprendere quanto poco possa essere affidabile questo tipo di medicina alternativa, affidabilità che viene ulteriormente compromessa dal fatto che – come spiegavo poc'anzi – non esiste alcun tipo di studio scientifico in grado di stabilire l'efficacia di questa cura, cura peraltro molto cara.

Tutto questo lungo preambolo porta a una semplice domanda, che mi piacerebbe potesse ottenere una risposta ufficiale: com'è possibile che a un'istituzione della Repubblica Italiana – in questo caso la Regione Marche che prende i farmaci devoluti dall'ospedale toscano di Pitigliano, un centro di medicina integrata che utilizza prodotti omeopatici per la cura di determinate patologie – sia permesso di spendere soldi pubblici per acquistare e distribuire medicinali dalla dubbia, per non dire inesistente, efficacia? Non sarebbe meglio impiegare quelle risorse economiche per distribuire farmaci di comprovata efficacia e lasciare la possibilità – a chi volesse comunque assumere quello che per molti medici e scienziati altro non è acqua e zucchero venduta a prezzi folli – di pagare questa cura alternativa con le proprie risorse personali? Qualcuno interverrà per impedire che un'istituzione statale possa procacciare farmaci dalla dubbia efficacia? Si attendono risposte, ma sarebbe meglio dire azioni.

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Milanese, classe 1987, da sempre appassionata di politica. Il mio morboso interesse per la materia affonda le sue radici nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, grazie a (o per colpa di) mio padre, che al posto di farmi vedere i cartoni animati, mi iniziò al magico mondo delle meraviglie costringendomi a seguire estenuanti maratone politiche. Dopo un'adolescenza turbolenta da pasionaria di sinistra, a 19 anni circa ho cominciato a mettere in discussione le mie idee e con il tempo sono diventata una liberale, liberista e libertaria convinta.
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