I familiari dei boss di ‘ndrangheta che ottenevano reddito di cittadinanza e buono spesa Covid

C'erano anche familiari di elementi di spicco della ‘ndrangheta che conducevano uno stile di vita tutt’altro che indigente tra i beneficiari del “buoni spesa covid-19”. Fanno parte delle 135 persone che i carabinieri hanno denunciato alla Procura di Locri. Tutti, adesso, sono accusati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche che, invece, dovevano essere destinati alle famiglie in difficoltà. Molti di loro percepivano anche il reddito di cittadinanza. Si tratta di familiari di spicco affiliati al clan dei Bellocco-Pesce di Rosarno. L'indagine che ha portato alle denunce fa parte dell'operazione denominata ‘Jobless Money 2', ed è stata condotta dai militari del Nucleo ispettorato del Lavoro.
Le accuse nei confronti dei parenti dei boss di Ndrangheta
L'operazione ha fatto emergere che alcuni dei percettori sono soggetti già condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso: tutti legati ad esponenti delle cosche della Piana di Gioia Tauro. A San Luca ci sono i familiari dei Pelle “Vanchelli”, i Vottari “Frunzu” e gli Strangio “Jancu”. Ad Africo, invece, i parenti dei boss della cosca Morabito-Bruzzaniti-Palamara. Per poter accedere agli aiuti dello Stato, nelle domande presentate alle amministrazioni comunali, gli indagati hanno dichiarato informazioni mendaci. Alcuni hanno attestato falsamente la propria residenza o l’indicazione dei componenti del nucleo familiare. Tra gli accusati sono presenti anche delle donne colpevoli, secondo gli inquirenti, di aver omesso intenzionalmente agli enti preposti la presenza di familiari detenuti. Alcuni hanno nascosto di ricevere, nello stesso periodo, sussidi sociali come il reddito di cittadinanza, l’indennità di disoccupazione, periodi retribuiti di malattia dei ‘braccianti agricoli’, pensioni di invalidità e l’indennità di maternità.