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Omicidio Yara Gambirasio

“Ho ucciso Yara Gambirasio”: lettera anonima all’Eco di Bergamo

“Avevo un coltello poi presi una pietra e senza rendermi conto…”, questa è parte della confessione pervenuta sotto forma di lettera anonima alla redazione de L’Eco di Bergamo. Potrebbe trattarsi dell’ennesimo mitomane ma il racconto coincide con le versioni fornite dagli inquirenti a mezzo stampa.
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Funerale di Yara Gambirasio
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La pace. Quella che l'anima, se è vero che tutti noi ne abbiamo una, della piccola Yara Gambirasio non conoscerà mai. Stravolta e disturbata dalle agenzie di stampa continue, a partire da quel maledetto 26 novembre, giorno della sua scomparsa, sullo stato delle indagini, sulle possibili relazioni della piccola ginnasta, sulle presunte frequentazioni della famiglia Gambirasio. E ancora "E' stata la ‘ndrangheta", "No, forse la camorra", "Storie di mafia" e tutto un piccolo grande corollario di notizie non-sense, salvando le tante autorevoli fonti e le tante penne pregiate che hanno fatto del "caso Gambirasio", prima di tutto una missione "per la verità", nella speranza di trovare la piccola Yara ancora in vita.

Il cuore. Quello che l'assassino non ha. Un uomo ignobile, non ancora rosicchiato dal rimorso oscuro della coscienza, che permette ancora che il tormento viva nella sua forma più cruda, nella famiglia di Yara, in papà Fulvio e mamma Mara. Adesso, dopo sei mesi dal ritrovamento del corpo di Yara a Chignolo, arriva nella redazione de L'Eco di Bergamo, l'ennesima lettera anonima ma, questa volta, c'è qualcosa di serio. La lettera è firmata dal "presunto assassino".

LA LETTERA – La notizia è di quelle delicatissime, da prendere con le "molle". Lo stesso quotidiano bergamasco invita alla cautela, mettendosi completamente a disposizione dei carabinieri e del pm Letizia Ruggeri che, dopo aver presa visione della missiva, gireranno tutto al Ris di Parma per le analisi scientifiche. La lettera, arrivata nella redazione de "L'Eco" questa mattina, è scritta con un normografo, il righello particolarmente usato da architetti e disegnatori per la scrittura a caratteri uniformi. Era largamente diffuso prima che si sviluppasse il mercato dei personal computer per ottenere testi ben scritti, rapidi e precisi.

Il contenuto, su un foglio A3 scritto su entrambe le facciate, è scioccante e rivela una vera e propria confessione da parte di un uomo che racconta di essere un pedofilo, lascia intendere di aver lavorato al cantiere di Mapello e di essere già segnalato alle forze dell'Ordine per casi di molestie a minori.

La lettera anonima pervenuta alla redazione dell'Eco di Bergamo
La lettera anonima pervenuta alla redazione dell'Eco di Bergamo

HO UCCISO YARA"Passo sempre vicino al centro sportivo per conoscere qualche ragazzina, le donne non me vogliono. Mi imbarazzo con adulti" – come potete vedere la lettera presenta grossolani errori di grammatica, che possono essere stati inseriti di proposito per depistare gli inquirenti. L'anonimo prosegue chiarendo luoghi e tempi che coincidono a perfezione con la dinamica dei fatti, ma questo è un dato che non porta a niente di concreto, in quanto, ogni rivelazione è compatibile con quanto è stato diffuso a mezzo stampa. Potrebbe, dunque, trattarsi anche di un mitomane ben informato sui fatti.

“ Una volta fermata la macchina si spaventò e tentò di scappare, prima mi colpì ai testicoli e il suo cell. mi cadde addosso. ”
Anonimo
Il racconto su Yara inizia così, l'uomo avrebbe instaurato un rapporto di fiducia con lei, basato solo ed esclusivamente sull'amicizia: "Verso fine settembre passavo vicino a palestra con la mia macchina e con delle scuse avevo conosciuto una con quel nome. Finimmo con il simpatizzare eppure mi sembrava di piacere a lei perché mesorrideva quando le chiedevo se aveva il ragazzo fisso". A questo punto arrivano i particolari su quanto accadde il 26 novembre: "gli offrivo un passaggio a casa verso le 18,50. Con una scusa le dissi che dovevo passare un attimo al posto di lavoro a Mapello. Verso le 19 arrivammo a Mapello, in macchina le squillò il cell. La convinsi a spegnerlo, lei aveva già capito le mie intenzioni. Una volta fermata la macchina si spaventò e tentò di scappare, prima mi colpì ai testicoli e il suo cell. mi cadde addosso. Lo presi e lo disattivai." 

Da questo momento è un'escalation, il tono della lettera incalza: "Lei intanto era appena scappata fuori de macchina. Avevo perso la testa per il fatto che poteva rovinare il mio corpo. La insegui nel campo dietro cantiere avevo un coltello poi presi una pietra e senza rendermi conto la colpii alla testa. Pensavo che era meglio chiamare il 118 e poi scappare ma preso dal panico la caricai in macchina e  portai il corpo in un campo più sicuro di Mapello". L'Eco di Bergamo non ha pubblicato la lettera per intero, la ricostruzione, seppure perfetta ed ampia nei suoi particolari, potrebbe comunque essere fasulla. L'unica certezza è sempre e solo una: fino a quando l'assassino non sarà assicurato alla giustizia, non ci sarà pace per te, piccola Yara.

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