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“Ho ucciso io mia moglie, Lea Garofalo”

Parla Carlo Cosco. L’uomo, che ha sempre respinto ogni accusa, ha reso dichiarazioni spontanee durante la prima udienza del processo d’appello in corso a Milano. “Merito l’odio di mia figlia”.
A cura di Biagio Chiariello
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"Mi assumo la responsabilità dell’omicidio, merito l’odio di mia figlia", lo ha detto, per la prima volta davanti ai giudici, Carlo Cosco parlando della sua ex compagno Lea Garofalo. “Io adoro mia figlia, merito il suo odio perchè ho ucciso sua madre. Guai a chi sfiora mia figlia, prego di ottenere un giorno il suo perdono” ha detto l'uomo assumendosi  la responsabilità del delitto della testimone di giustizia, ammazzata tre anni fa. Sua figlia, Denise, testimone del processo di primo grado, subito dopo la scomparsa della madre rivelò i suoi sospetti sul padre ai carabinieri di Milano che avviarono le indagini del processo in cui il padre è stato condannato, insieme ad altri cinque imputati, all'ergastolo. Cosco, che ha sempre respinto ogni accusa, ha reso dichiarazioni spontanee durante la prima udienza del processo d’appello in corso a Milano. Ha spiegato che avrebbe voluto ammettere prima le sue responsabilità, ma "una serie di circostanze mi ha impedito di farlo".

Lea Garofalo venne sequestrata in pieno centro a Milano, in zona Arco della Pace, il 24 novembre del 2009 e uccisa. Nel processo di primo grado l'accusa aveva sostenuto che la donna fosse stata uccisa con un colpo di pistola e poi sciolta nell'acido. Nei mesi scorsi, però, le dichiarazioni di un altro pentito, Carmine Venturino, anche lui condannato all'ergastolo per l'omicidio della donna (in primo grado sono state condannate all'ergastolo altre 4 persone, oltre a Cosco) hanno fornito un'altra ricostruzione dell'uccisione: Lea, stando alle parole del pentito, venne strangolata e il suo corpo venne poi dato alle fiamme in un fusto. Alle parole di Venturino il pm della Dda milanese, Marcello Tatangelo, che ha coordinato le indagini condotte dai carabinieri, ha trovato poi una serie di riscontri: tra cui alcuni resti di ossa che una perizia ha ritenuto compatibili a quelli della donna.

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