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Cecilia Sala arrestata in Iran

“Ho chiesto la Bibbia, mai pensato sarei stata a casa oggi”: Cecilia Sala racconta la prigionia in Iran

Il racconto di Cecilia Sala dopo la liberazione e il rientro in Italia dal carcere iraniano di Evin, dove è stata detenuta per tre settimane: “Ho chiesto una Bibbia. Presumevo che potesse essere un libro che ad Evin avevano in inglese. Avevo perso il senso del tempo, non sapevo più quando era giorno e quando era notte”.
A cura di Ida Artiaco
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"Ho chiesto una Bibbia. Presumevo che potesse essere un libro che ad Evin avevano in inglese. E perché comunque la Bibbia è un libro molto lungo…". A parlare è Cecilia Sala, la giornalista romana di 29 anni liberata e tornata ieri in Italia dopo essere stata detenuta per tre settimane nel carcere iraniano di Evin, a Teheran. La giovane reporter, che si trovava in Iran con un visto giornalistico, era stata arrestata il 19 dicembre per "violazione delle leggi della Repubblica islamica" ed è potuta tornare a casa solo ieri, grazie ad un importante lavoro diplomatico e politico.

Dopo l'abbraccio ai genitori e al compagno, il collega del Post Daniele Raineri, Sala si è fermata a raccontare brevemente quanto le è successo nel carcere di Evin, come riporta La Repubblica, prima di avere un colloquio con i carabinieri del Ros e di tornare a casa. Ha precisato che "avevo perso il senso del tempo, non sapevo più quando era giorno e quando era notte", confermando di essere stata in una cella "stretta e alta, senza letto, con una lampada sempre accesa e una piccola finestrella sul soffitto da cui passava l’aria ma che neanche riuscivo a vedere".

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Ad un certo punto, però, "mi hanno spostato in una cella più grande e mi hanno portato gli occhiali. Ero insieme a una donna iraniana che non parlava una parola di inglese, quindi indicavamo gli oggetti nella stanza, lei ne diceva il nome in farsi e io in inglese", ha continuato la giornalista, aggiungendo che nel corso delle poche telefonate che ha fatto alla sua famiglia "ero costretta a leggere un messaggio, i miei mi facevano delle domande ma io non potevo dire di più perché avevo paura che mi facessero interrompere la conversazione".

L’ambasciatrice italiana Paola Amadei "per quasi venti giorni è stato l’unico volto che ho potuto vedere". Fin quando non è arrivata la telefonata del primo gennaio con l'appello a "fare presto": "Temevo davvero di non reggere più". Poi, il lieto fine.

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Questa mattina, la stessa giornalista tramite i suoi canali social ha condiviso la foto dell'abbraccio col compagno e un messaggio: "Ho la fotografia più bella della mia vita, il cuore pieno di gratitudine, in testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo. Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi. Grazie". Intanto, è stato comunicato che verrà trasmessa in Procura, a Roma, una informativa con il verbale di audizione di Sala, sentita ieri dai carabinieri del Ros per alcune ore all'aeroporto di Ciampino. Quando l'incartamento sarà a disposizione dei pm di piazzale Clodio si valuterà un ‘eventuale apertura di un fascicolo di indagine in base a quanto contenuto nell'informativa. Ad oggi non c'è alcun fascicolo a Roma in relazione alla vicenda dell'arresto del 29enne.

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