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Omicidio di Nada Cella

“Ho chiamato la mamma di Nada, ci siamo commosse”: parla la criminologa dopo la svolta nel caso Cella

La Procura di Genova ha chiesto il rinvio a giudizio per Annalucia Cecere, la donna accusata di avere ucciso il 6 maggio 1996 a Chiavari Nada Cella. A questo primo risultato si è arrivati grazie all’impegno della criminologa Antonella Delfino Pesce che ha fatto riaprire il caso. “All’inizio è stato difficile, devo ringraziare chi ha lavorato con me”, ha detto a Fanpage.it.
Intervista a Antonella Delfino Pesce
Criminologa
A cura di Eleonora Panseri
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"Alla base di tutta questa vicenda c'è la morte di una ragazza di 25 anni e quindi non si può essere felici. Ma sicuramente è stata una grande emozione perché sono passati 27 anni e all'inizio è stata dura. Però quando le cose hanno iniziato ad andare meglio, ho sempre visto un grande impegno da parte di tutti. Come ho lavorato io, hanno fatto moltissimo anche gli altri, e questa è la più grande soddisfazione".

La criminologa Antonella Delfino Pesce commenta così a Fanpage.it la notizia della richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Genova per Annalucia Cecere, la donna accusata di avere ucciso il 6 maggio 1996 a Chiavari Nada Cella, segretaria 25enne dello studio del commercialista Marco Soracco. Un cold case di 27 anni fa sul quale, grazie all'impegno di Delfino Pesce, si è arrivati a questo importante traguardo.

La criminologa Antonella Delfino Pesce
La criminologa Antonella Delfino Pesce

Dottoressa, come mai c'è voluto così tanto tempo per risolvere questo caso?

Cè stato sicuramente l'errore del pubblico ministero Filippo Gebbia che non ha mai trasmesso il verbale del ritrovamento di bottoni alla squadra mobile. Gli investigatori cercavano disperatamente dei bottoni compatibili con quello trovato sotto il corpo di Nada e non gli venne detto che a casa dell’indagata erano stati trovati 5 bottoni del tutto sovrapponibili a quello scoperto.

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Però c'è anche da dire che quando si rimette mano a un fascicolo o si chiude un'indagine per la prima volta, spesso non si ha una visione completa. Perché magari per sei mesi queste vengono seguite da una persona, poi passano a un'altra. Quando questo avviene, è difficile poi avere un quadro generale della situazione.

Con queste indagini, che quando nascono storte all'inizio, bisogna avere il coraggio e la pazienza di fermarsi e di riprendere tutto da capo. A volte esistono dei pregiudizi, delle prospettive che viziano l'analisi dei fascicoli e danno poi risultati non validi.

È riuscita a mettersi in contatto con la signora Silvana?

Ieri ci siamo sentite con Silvana (la madre di Nada Cella, ndr) e le ho promesso che la andrò a trovare presto a Chiavari. Eravamo tutte e due commosse. Ci siamo dette: ‘Ma ti ricordi dove siamo partiti?'. All'inizio andava tutto storto, anche se ora sono momenti che ricordo con grande nostalgia. Ho perso il conto delle cose andate male all'inizio.

Dove ha trovato l'energia per continuare a lavorare sul caso di Nada?

Sono abituata a ‘travagghià', diceva mia nonna, a lavorare nonostante le difficoltà. Durante il mio percorso di vita ho sviluppato questa caratteristica che mi è servita molto in tutte le indagini di cui mi sono occupata, ovvero il fatto di portare avanti una cosa anche se va tutto male.

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C'è da dire anche che in questa indagine ho lavorato tanto nella prima parte, quando non ci credeva nessuno. Ma quando c'è stata la riapertura tutti si sono impegnati tantissimo. Quando si trovano persone con un forte senso del dovere, bisogna anche dirlo.

Sta lavorando ad altri casi in questo momento?

Sì, non posso scendere nei dettagli, però posso dire che ho concluso da poco un caso molto vecchio e bello e che sto lavorando a un altro caso, sul quale però ho la consegna del silenzio finché non si riapre ufficialmente. Io sono fiduciosa per queste due cose che ho seguito e sono sicura che, quando usciranno, resterete meravigliati.

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