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Emergenza lavoro

“Ho 58 anni e mi sento impotente: troppo vecchio per lavorare e troppo giovane per la pensione”

Tante segnalazioni continuano ad arrivare a Fanpage.it di persone di mezza età che si ritrovano senza lavoro. La lettera di Sergio: “Io ho 58 anni e devo lavorare fino a 67, sono troppo vecchio per lavorare, e troppo giovane per la pensione”.
A cura di Redazione
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Dopo la lettere arrivate a Fanpage.it con le storie di Emanuele e di Emiliano, che denunciano difficoltà nel trovare lavoro, continuano ad arrivare tante segnalazioni di persone con storie simili. Ne pubblichiamo alcune.

La lettera di Sergio

Mi chiamo Sergio, anch'io come Emanuele mi trovo nella stessa situazione. Mi sono trasferito a Milano da 6 anni dalla Puglia, e dopo 3 anni che ho lavorato, mi sono ritrovato a cercare lavoro.

Mando tanti curriculum, chiedono tutti di essere automuniti, ma se non lavoro come faccio a permettermi una macchina? Quando sentono che non possiedo un’automobile non mi richiamano più…

Si sente dire che molti imprenditori non riescono a trovare operai disposti a lavorare. Io ho 58 anni e devo lavorare fino a 67, sono troppo vecchio per lavorare, e troppo giovane per la pensione, spero di trovare qualcuno che venga incontro anche a chi si trova nella mia situazione.

Ti senti impotente. Spero che qualcuno possa aiutare tutti quelli che come me hanno bisogno di lavorare…

"Il mio compagno, invalido, lavora nella ristorazione, e parlano di giovani che non hanno voglia di lavorare" 

Ecco una storia di ordinari soprusi e persone di una forza esemplare. Il mio compagno ha superato la cinquantina da diverso tempo: invalido al 50%, non ha diritto alla pensione, anche se il suo verbale INPS, crudamente, recita: "invalido per operazione chirurgica mutilante". Lui è un cuoco e questi due anni non sono stati facili.

I contratti di lavoro sono a termine e si lavora quando si può ma, quando si lavora, sono 12 ore di media al giorno. Da quando si è infortunato ha passato in rassegna l'intero bestiario umano: datori di lavoro che non pagano, che fanno dormire i dipendenti in una branda in magazzino o non danno pause.

Ha lavorato da uno stimatissimo e lodatissimo ristoratore con la sbornia facile: si infuriava e gli lanciava addosso di tutto, persino un pesante tagliere di cucina gli è arrivato sulle gambe. Non racconta questi episodi, aspetta sempre la fine contratto, se si licenzia perde la Naspi.

Denunciare è possibile ed è già stato fatto più volte ma, per i singoli casi, il sindacato non si muove di un centimetro, l'ispettorato accerta, trova, dà diritto. Per i soldi, però, bisogna mettere un avvocato. Che, non avendo soldi, non cerchiamo nemmeno.

Così accumuliamo debiti, non facciamo rate, non si fa nulla di nulla. Lui e io ci sbattiamo per riuscire a pagare affitto, bollette, spese. Mi sono decisa a parlare della sua esperienza lavorativa per mettere, finalmente, a tacere quelle gran teste coronate della ristorazione, che parlano di dipendenti solo in termini di "ragazzi che si affacciano al lavoro e non vogliono gli impegni al fine settimana o pretendono salari da favola". La realtà lavorativa è ben diversa: al netto di tirocinanti neodiplomati, la forza lavoro nel settore ristorativo e alberghiero è per la maggioranza fatto da persone adulte, mature, con famiglia a carico e decisamente con anni di esperienza.

Uno chef di cucina 3° livello prende 1450 euro al mese. Più sotto anche meno. Il livello è tale che spesso si è trovato a fare chef di cucina con contratto da aiuto cuoco o da commis di cucina. Questo è il mercato del lavoro: prendi o entri di diritto nella categoria "i giovani che non hanno voglia di lavorare e preferiscono uscire il fine settimana con la fidanzata", anche se hai 50 anni suonati. E parliamo di chef di cucina, non di garzoni lavapiatti.

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