video suggerito
video suggerito

Hikikomori dopo il lockdown: “Mia figlia 13enne si è chiusa in casa e non è più uscita”

Gli hikikomori sono ragazzi che decidono di vivere la propria vita esclusivamente in casa, alcune volte chiusi nella propria cameretta. Dopo il lockdown, questo fenomeno rischia di diventare sempre più diffuso in Italia. Angela, madre di una giovane hikikomori di 13 anni, racconta la sua storia.
A cura di Gabriella Mazzeo
1.725 CONDIVISIONI
immagine di repertorio
immagine di repertorio

Il lockdown causato dal Covid non ha potuto fare a meno di insegnarci due cose: la prima è come indossare la mascherina, la seconda è che la casa è il luogo più sicuro nel quale rinchiuderci. Non sempre è vero e neppure è giusto, ma con la fine della quarantena c'è il rischio che aumenti sensibilmente il numero di persone che sceglie di vivere la propria vita esclusivamente tra le mura domestiche. Si tratta di un fenomeno già diffuso tra i ragazzi: si chiamano hikikomori e in Italia sono circa 100.000. Sono giovani che preferiscono isolarsi dal mondo reale chiudendosi nel proprio appartamento o esclusivamente nella propria camera da letto. Con il lockdown, il rischio che l'età media degli hikikomori italiani si abbassi è molto concreto. Angela è la madre Giulia (nome di fantasia), una ragazzina di 13 anni che da febbraio di quest'anno ha iniziato a isolarsi completamente dal mondo esterno. Con la quarantena anche la didattica a distanza è sembrata un'occasione per reinserirsi senza troppi sforzi nel contesto classe, in una vita normale che prima o poi le avrebbe nuovamente offerto l'occasione di uscire e di stringere rapporti con gli altri.

Le lezioni online hanno reso l'isolamento di sua figlia più gestibile?

Per niente. La sua apertura verso questo tipo di didattica ha avuto vita breve, poi l'idea di apparire in video ha cominciato a provocarle ansia. La cosa è peggiorata a tal punto che anche le lezioni da casa hanno iniziato a rappresentare un problema. Questo tipo di confronto online è stato per i ragazzi uno specchio del loro disagio: l'idea di dover mantenere le telecamere accese anche se non vorresti farti vedere e l'opportunità che dai agli altri di vedere una parte del luogo in cui vivi è traumatizzante.

Il lockdown ha peggiorato il rifiuto del mondo esterno?

Ha confermato una visione pessimistica della socialità e ha confermato l'idea che casa è l'unico posto sicuro. Io sono un'insegnante e ho notato fin da subito che anche i miei studenti erano molto più a loro agio di noi adulti in questa situazione di isolamento, perché sono già abituati a comunicare a distanza e a preferire queste forme di socialità. Mia figlia ora ha una reale paura di uscire di casa, per esempio. Prima temeva il sovraffollamento come può succedere in metropolitana, ma con il pericolo Covid le sue convinzioni sono diventate ancora più importanti e difficili da estirpare.

Giulia proseguirà il percorso di studi online?

Ora come ora dobbiamo solo aspettare che stia meglio. Abbiamo escluso la possibilità di farla studiare a casa con un insegnante perché la bambina rifiuta il confronto con gli estranei. Anche la didattica online è un problema perché persiste la paura di farsi vedere anche solo in webcam. Brancoliamo nel buio e per il momento ho dovuto fare mia l'idea che Giulia sarà in grado di fare qualsiasi cosa quando si riprenderà. Il suo benessere viene prima di qualsiasi dovere. Ovviamente il ritorno in classe è impossibile anche dal punto di vista pratico: banalmente, mia figlia ha i capelli non curati da mesi e non vuole farsi vedere. Si rifiuta di andare dal parrucchiere e neppure possiamo farne venire uno a domicilio. Stiamo cercando di gestire anche le cose più piccole come la cura dei capelli, per esempio, come possiamo pensare di gestire una cosa importante come la socialità a scuola?

E le compagne di classe? Hanno cercato il contatto con Giulia?

Ci hanno provato, ma non riescono a capire la sua chiusura e non trovano neanche la chiave comunicativa per farla aprire. Hanno provato a mandarle dei messaggi, a raggiungerla a casa per convincerla ad uscire ma non c'è stato nulla da fare. Le uniche interazioni sociali che ha sono su internet.

È una cosa abbastanza comune tra gli hikikomori questa

Sì e noi genitori dobbiamo esserne grati perché internet è l'unico spazio che consente loro di interagire con qualcuno, di creare e di conoscere il mondo esterno. Mia figlia, per esempio, realizza dei video e parla con utenti online. Si tratta sempre di sconosciuti che nulla hanno a che vedere con la sua vita reale perché in quel caso sarebbe comunque costretta a socializzare fuori dalla sua stanza e Giulia non vuole.

La terapia psicologica può aiutare?

Noi come genitori abbiamo iniziato un percorso con una psicologa anche grazie all'appoggio del gruppo di familiari di Hikikomori Italia. Mia figlia per il momento si rifiuta, ma stiamo percorrendo questa strada con la speranza di riuscire ad avvicinarla in modo tale da aiutarla ad uscire da questo tunnel.

Quanti saranno i nuovi hikikomori?

Marco Crepaldi, fondatore di Hikikomori Italia, il portale che si occupa del fenomeno dei giovani chiusi in casa, spiega che i dati riguardanti i numeri post lockdown sono ancora un'incognita. "Non ci sono delle statistiche al momento, ma il numero dei ragazzi che deciderà di rifiutare il mondo esterno è sicuramente in aumento. L'età media si sta abbassando. Chi già viveva da hikikomori ha avvertito un abbassamento della pressione sociale durante la quarantena perché non sente più di essere manchevole in aspetti che il mondo ritiene importanti per una vita definita normale. Ovviamente si trattava di un'illusione perché la quotidianità ha ripreso forma e la loro ansia è peggiorata". Racconta che molti ragazzi, sperimentando la vita senza le inquietudini causate dalla scuola, hanno deciso di rinchiudersi tra le mura di casa.

"Le conferme sono da trovare nei numeri dell'abbandono scolastico – spiega ancora Crepaldi – e penso proprio che i dati ci racconteranno una storia che già immaginiamo: ragazzi sempre più giovani che decidono di non uscire dal portone del proprio condominio per rivedere amici e insegnanti. In quarantena poi i genitori hanno avuto difficoltà a riconoscere i segnali di allarme. Molti crederanno che si tratta di dipendenza da internet e proveranno a staccare il modem ai figli. Questa è una cosa sbagliata: internet è l'unica piazza che hanno per confrontarsi con le persone".

1.725 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views