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Ha una figlia e un genitore da accudire, rifiuta il trasferimento in Eritrea: licenziato

“Mia moglie lavora, la mia bimba è piccola: non posso lasciarle. Poi c’è mio padre malato». Il caso di un dipendente di Piombino divide le coscienze. Non sarebbe il solo operaio della azienda ad aver rifiutato il trasferimento. “Le sue motivazioni non costituiscono un impedimento oggettivo” spiega la società.
A cura di B. C.
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Si è rifiutato di andare a lavorare per una quarantina di giorni in Eritrea e per questo la sua azienda lo ha licenziato. Protagonista è un operaio 40enne della Sider di Piombino (44 dipendenti, si occupa di progettazione e fabbricazione di macchine siderurgiche). La sua è situazione non facile: una bimba piccola, la moglie che lavora, i suoceri che vivono lontano e un genitore, che pure vive vicino, malato e bisognoso di assistenza. La Sider, come racconta il Fatto Quotidiano e il Tirreno, non se l’è passata benissimo negli ultimi anni: così per sopravvivere coraggiosamente accetta una lontana ma proficua commessa (70 milioni di euro); è “l’occasione principale di rilancio” che garantirà “la continuità futura e il mantenimento dell’attuale livello occupazionale”, spiega in una nota il legale della società, Luigi Cappelli.

E’ stato perciò chiesto ai dipendenti la disponibilità a trasferte con “durata massima di 45 giorni, con ampi intervalli di rientro inItalia“, disponibilità però negata – è lo stesso legale a scriverlo – da “oltre il 40%” dei lavoratori.Tra questi anche l’operaio che poi è stato licenziato: “Il mio assistito – spiega ailfattoquotidiano.it l’avvocato Fabrizio Callaioli, consigliere comunale di Rifondazione comunista – ha una figlia piccola e un genitore malato da accudire: la moglie lavora e quindi lui non può lasciarli soli. E non può far affidamento neanche sui nonni materni perché vivono nell’Europa dell’est”. Ma se  ben il 40% dei dipendenti si è rifiutato di partire, perché è stato licenziato solo lui? “Non vorremmo che l’azienda abbia voluto colpire il più debole per inviare un segnale a tutti gli altri”, risponde Callaioli.

Da parte sua, il legale della Sider risponde: “Le motivazioni addotte dall’operaio – dichiara Cappelli – non costituiscono un impedimento oggettivo alla trasferta. Nel periodo di maggior crisi l’azienda ha fatto di tutto per salvaguardare l’occupazione. Fa male vedere che qualche lavoratore adesso ti volta le spalle”. L’azienda si sarebbe offerta di pagare anche una baby-sitter, oltre ad una compensazione sulla busta paga.  “Non sarà certo la compartecipazione alla spesa per la baby sitter e una maggiorazione giornaliera di 25 euro per la trasferta a risolvere i problemi familiari dell’operaio. L’azienda non fa inoltre chiarezza sul numero delle volte che un lavoratore dovrebbe partire: si sente parlare di due o tre volte l’anno ma è tutto molto incerto” spiega Callaioli. I sindacati sono intanto sul piede di guerra. Mirko Lami della segreteria Cgil Toscana attacca: “Non si può essere licenziati per un no: dove vogliamo arrivare nel mondo del lavoro?”.

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