Guerra in Ucraina, a Comiso la “Marcia per la pace” 40 anni dopo quella di Pio La Torre
A Comiso, nel 1982, c'era una base Nato che, nelle idee di chi l'aveva voluta, sarebbe stata centrale nella Guerra Fredda. Dentro c'erano i missili nucleari, pronti a partire verso Mosca negli anni in cui la cortina di piombo era più spessa. Il movimento pacifista, dal canto suo, non stava a guardare: da tutto il mondo arrivavano in Italia, e nella provincia di Ragusa, per chiedere il disarmo. In testa a una partecipatissima Marcia per la pace, il 4 aprile 1982, c'era Pio La Torre. Il politico comunista sarebbe stato ucciso da Cosa Nostra appena 26 giorni dopo. Ieri, quarant'anni dopo quel corteo diventato un simbolo, Comiso ha replicato: una marcia contro la guerra in Ucraina, per chiedere il cessate il fuoco e l'interruzione dell'invasione russa.
Migliaia di persone da tutta la Sicilia si sono date appuntamento in strada per ricordare Pio La Torre e sperare di rinvigorire il movimento pacifista. Un fiume di bandiere arcobaleno, altrettante rosse (e della Cgil). "Io quarant'anni fa ero il braccio operativo di Pio La Torre – racconta a Fanpage.it Vito Lo Monaco, presidente del Centro studi dedicato al sindacalista ammazzato dalla mafia – Certo, c'era molta più gente. Ma all'epoca era tutto molto diverso. Adesso siamo noi ad avere i capelli bianchi, e tocca a noi trasmettere il valore della pace ai giovani". Gli studenti non mancano. Ballano sotto al palco sia quando dalle casse parte la musica di John Lennon sia quando tocca a Bella Ciao.
C'è una delegazione di giovani migranti, accompagnati dagli attivisti della Chiesa Valdese. Tamil viene dal Bangladesh: è arrivato con un barcone, passando dalla Libia, cinque anni fa. "Manifestiamo per la pace anche noi, perché i Paesi in guerra sono tanti. Magari non se ne parla, non finiscono sui giornali, ma ci sono tanti fratelli nel mondo in quella situazione". Come dire: l'Ucraina è sotto gli occhi di tutti perché è vicina, è praticamente in Europa, ma se si sposta lo sguardo un po' più in là non va meglio. Lo sa bene Elia Li Gioi, l'artista nominato cavaliere della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella nel 2019: sfila per le strade di Comiso reggendo una croce fatta di pezzi di barconi affondati.
"Quarant'anni fa – ricorda Li Gioi – abbiamo portato in processione un Cristo sul fungo atomico. Guerra e migrazioni sono legate: la prima causa le seconde, non dobbiamo dimenticarlo". Anche Ketty Giannilivigni, oggi attivista dell'Udi di Palermo, quarant'anni fa camminava su queste strade: aveva 14 anni, era con sua madre, le sue sorelle e sua nonna. "Chiedevamo la stessa cosa che chiediamo qui oggi. Solo che adesso lo faccio con un peso diverso: sono mamma, ho figli maschi, non accetterei mai che andassero in guerra".
L'appello di tutti è per la diplomazia: faccia in fretta, lavori per bene. "Prendere le parti di una o dell'altra parte ci fa dimenticare che le bombe, nel frattempo, cadono. Bisogna che i negoziati siano efficaci", ricorda Peppe Cannella, attivista pacifista arrivato dalla vicina Vittoria, sempre nel Ragusano.
"Da pacifisti chiediamo lo smantellamento delle basi Nato in Sicilia – dichiara Simona Suriano, deputata nazionale di ManifestA – E soprattutto chiediamo la fine di questo assurdo conflitto". Le fa eco Nicola Fratoianni, deputato nazionale anche lui e segretario di Sinistra italiana: "La marcia dell'82 torna oggi drammaticamente di attualità – afferma – Di fronte a una guerra che, come tutte le guerre, causa una infinita catena di lutti e di sofferenza". A concludere, dopo avere intonato una preghiera, è il monaco buddista giapponese Gyosho Morishita, arrivato a Comiso proprio quarant'anni fa e da allora stabilitosi alla Pagoda della Pace: "Non si è mai visto che si riesca a fare la pace con le armi e la violenza".