Aveva 17 anni quando è morta, 32 anni fa. Se si potesse disegnare come le mafie possano infiltrarsi nella vita di ognuno nei casi più impensabili e inquinarne il finale allora quel disegno avrebbe gli occhi e i capelli di Graziella Campagna, la giovane diciassettenne di Saponara che è morta per un documento, un'agendina, ritrovata nella tasca dei pantaloni mentre lavorava per 150.000 lire al mese nella lavanderia di Franca Federico a Villafranca Tirrena, pochi chilometri da casa. Quel tale "ingegner Cannata" a cui faceva riferimento qual paio di pantaloni altro non era che Gerlando Alberti jr, nipote latitante del potente boss Gerlando Alberti che anni prima era stato arrestato grazie alla capacità investigativa del generale Dalla Chiesa.
Quel pezzo di carta che svelava la vera identità di Alberti jr costerà la vita a Graziella. Come troppe volte succede in questo Paese in cui, come diceva Giovanni Falcone, nella mafia ci capiti per caso, oltre che per destino. E anche in quel 1985 Cosa Nostra era pronta a tutto pur di proteggere le generalità false dei propri capi rintanati in qualche buco: Graziella Campagna quel 13 dicembre non scese mai dal bus che la portava solitamente a casa dopo il lavoro. "Fuitina" dissero tutti, al solito, ipotizzando che fosse scappata con qualche ragazzo e anche se all'ipotesi non ci credette quasi nessuno il maresciallo dei carabinieri di Saponara fu così poco preoccupato da concedersi addirittura un giorno di vacanza.
Due giorni di silenzio per la famiglia. E Graziella che non si trova. Parlano solo alcuni testimoni che dicono di averla vista salire su un'auto poco dopo la chiusura della lavanderia. "Conosceva bene chi l'ha fatta salire", raccontano. E invece due giorni dopo il corpo di Graziella, martoriato da cinque colpi di lupara calibro 12, viene ritrovato a Forte Campone, vicino a Villafranca Tirrena. Quella ragazzina diciassettenne era un pericolo troppo grande per il finto "ingegnere" che bivaccava in zona.
La storia di Graziella è anche una brutta storia giudiziaria: in primo grado quel documento che svelava la finta generalità del boss fu definito una prova "troppo debole" per portare alla condanna di Gerlando Alberti jr e del suo picciotto Giovanni Sutera e quando i due vengono condannati Gerlando Alberti finisce comunque scarcerato nel 2006 per un ritardo nel depositare la sentenza.
La storia di Graziella, così, come spesso succede, ci mette vent'anni a trovare pace. Eppure varrebbe la pena ricordarla oggi per la morale che insegna: noi possiamo non occuparci di mafie ma le mafie si occupano di noi. Comunque.