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Grand Hotel Cinecittà: alberghi e centri fitness al posto degli studios? (VIDEO)

Lo storico sito di Roma diventerà un parco a tema con parcheggi e centri benessere? Il piano industriale presentato dalla proprietà prevede una graduale dismissione di quella che fu la Hollywood sul Tevere. Ma i dipendenti non ci stanno: «Da qui non ce ne andiamo. Cinecittà venga gestita da chi ama e conosce la storia del cinema».
A cura di Enrico Nocera
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Cinecittà occupata

Chiudere Cinecittà per costruire alberghi e parchi a tema. Non è fantascienza, ma un rischio concreto che da qualche settimana comincia a prendere forma. Per quella che una volta era la Hollywood sul Tevere, il luogo dove Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Anna Magnani, Sophia Loren (tanto per fare solo pochissimi nomi) hanno girato alcuni film entrati nella storia del cinema mondiale, si pensa a un graduale piano di dismissione, con la chiusura definitiva di alcune attività, come quelle relative agli impianti scenografici, e l'esternalizzazione dei lavoratori in altre strutture. Un piano industriale presentato dalla Ieg (Italian Entertainment Group) di Luigi Abete, fratelli Della Valle, Aurelio De Laurentiis e famiglia Haggiag che, attraverso la società privata Cinecittà Studios, detiene la maggioranza del pacchetto azionario. Laddove il Ministero dei Beni Culturali è proprietario di una quota pari al 20 percento degli storici studios di via Tuscolana.

IL PIANO – I lavoratori di Cinecittà hanno così deciso l'occupazione, per dire no al piano di dismissione: «Già nel 2010 lanciammo un'allerta sul rischio che Cinecittà diventasse una sede di intrattenimento, con la costruzione di alberghi, beauty farm e parcheggi – dice Alberto Manzini, segretario generale della Sic Cgil Roma e Lazio – ora si rischia il cambio di destinazione d'uso di tutto il sito, perché il progetto prevede, di fatto, l'allontanamento di quasi tutte le maestranze da qui ad altri lidi». I numeri diffusi dai lavoratori in lotta, tre dei quali hanno anche annunciato uno sciopero della fame, sono questi: 50 unità trasferite alla società Cat, con sede sulla Pontina; altre 6 cedute a Panalight; 90 dipendenti (tutta la post-produzione) trasferiti alla società Deluxe; 20 lavoratori licenziati. Tra i corridoi di Cinecittà, insomma, non resterebbe praticamente nessuna di quelle maestranze che hanno collaborato a rendere Roma la Capitale del cinema in Italia.

L'OCCUPAZIONE – Sulla facciata campeggia un largo striscione con scritta nera su sfondo bianco: “Cinecittà Okkupata”. Nel giardino sulla destra, protetto da una piccola recinzione, sono state sistemate le tende e le bandiere di Cgil, Cisl, Uil Comunicazione e Ugl; in strada, appesi ai lampioni a ai semafori, striscioni contro il piano di Abete e soci. Le auto sfrecciano via veloci, solo un paio di persone a piedi si fermano incuriosite per qualche secondo, per poi tirare dritto. Ma i lavoratori non demordono: nessuno di loro vuole che Cinecittà diventi un parco a tema: «Certo, con l'intrattenimento si fanno più soldi che con il cinema – ci dice Piero, tecnico dell'audio – ma perché devono appropriarsi di un nome che ha fatto la storia di questo Paese? Noi siamo il secondo marchio più conosciuto all'estero, dopo la Ferrari. Se dici Cinecittà ti riconoscono. Se dici Magicland di Valmontone – continua Piero – chi ti capisce?».

LA RISPOSTA DELLA IEG – Sul sito ufficiale dell'Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche), intanto, si legge questa nota della Ieg: «In questi 13 anni di gestione privata, Cinecittà Studios ha realizzato 30 grandi produzioni internazionali, 44 film italiani, oltre 40 serie televisive, 270 spot pubblicitari e decine di trasmissioni televisive». Dopodiché viene accennato anche l'aspetto del parco a tema: «Il nostro “Progetto Entertainment” vede al centro la nascita del primo parco a tema cinematografico in Italia. È prevista una prima fase nella quale, su un'area oggi inutilizzata, verranno costruiti un nuovo teatro di posa, moderni uffici di produzioine e nuovi servizi di ospitalità a vantaggio dell'intero studio».

E IL CINEMA STA ZITTO – Ora si attende un incontro previsto per dopodomani, martedì 10 luglio, con il Ministero dei Beni Culturali. Qualcosa potrebbe smuoversi, ma la sensazione è che la lotta dei lavoratori stia andando avanti da sola. Nessun attore, nessun regista, nessuno dei grandi nomi che campeggiano sui titoli di testa dei nostri film, ha speso una sola parola sulla vicenda: «Siamo molto delusi – ci raccontano gli occupanti – la gente si riempie la bocca della parola “cultura”, ma alla prova dei fatti nessuno si muove. Moltissimi, da Nanni Moretti a Roberto Benigni, hanno sempre utilizzato i nostri studios per girare i loro film. È anche merito nostro, noi che guadagnamo 1.200 euro al mese, se hanno riscosso così tanto successo».

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