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Gli studenti italiani tra i più carichi di compiti a casa

Lo dice l’Ocse: 9 ore alla settimana contro le 3 di Finlandia e Corea, che però hanno risultati migliori dei nostri (e non solo). La media è di 4.9 ore a settimana. “Questa situazione accentua le disparità socio-economiche” secondo l’organizzazione.
A cura di Biagio Chiariello
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Tutti gli studenti del mondo fanno i compiti casa. Ovviamente non tutti sono così diligenti da rispettare i doveri degli insegnanti, ma chi lo fa ha risultati migliori. Tuttavia la qualità dell’offerta formativa, l’organizzazione del sistema scolastico e la preparazione dei prof sono elementi molto più importanti della quantità di compiti che vengono assegnati a casa nel determinare la preparazione accademica dei ragazzi. E’ quanto si evince da un rapporto dell’Ocse di Pisa, secondo il quale i quindicenni della penisola trascorrono in media quasi 9 ore la settimana a fare i compiti contro una media Ocse di 4,9 ore, – nonostante tra il 2003 e il 2012 ci sia stata in Italia una forte diminuzione del tempo dedicato ai compiti (- 2 ore in media). Calo comunque diffuso a tutti i paesi (la riduzione media è però di un'ora), forse legato ai metodi di insegnamento o magari per avere il tempo di stare su Facebook o mandare messaggi col telefonino. Oltre all’Italia, le punte più elevate del tempo passato sui libri si hanno in Romania, Irlanda e Kazakistan (circa 7), e ancor di più a Shanghai (14 ore). In Finlandia (che intanto abolisce il corsivo) e Corea, le ore si riducono a tre. Ora, se si guarda all’Italia, i ragazzi che trascorrono più tempo sui compiti a casa tendono ad avere migliori risultati nei cosiddetti test dell’Ocse Pisa, che valutano le competenze matematiche, scientifiche e di lettura dei ragazzi. Tuttavia questa teoria non è confermata se si guarda agli studenti finlandesi e coreani che, con meno compiti, svettano a livello di competenze e risultati. Cina e Shanghai (più ore in assoluto) registrano le migliori performance in matematica: ogni ora in più di esercizio si traduce infatti in 17 punti di vantaggio sulla scala delle competenze; 15 nel caso dei ragazzi italiani.

“È una fotografia che rispecchia perfettamente i sistemi scolastici – sostiene Paolo Ragusa, pedagogista, formatore e autore del saggio ‘La scuola che ci serve’ (Lir Edizioni) -. In Finlandia, dove si punta tutto sul lavoro in classe, non occorre esercitarsi a casa. Da noi è il contrario: le ore in aula sono quasi un optional; che il ragazzo partecipi o meno, che sia interessato o no, non importa: conta che studi. Un modello purtroppo sempre più diffuso, soprattutto alle superiori e sempre più condiviso dai genitori, che se devono esercitare un controllo lo fanno non sulla qualità della didattica e dei programmi, ma sul fatto che i figli facciano i compiti”.

Secondo l’Ocse il tempo giusto da passare sui libri a casa è quattro ore a settimana. Oltre, il beneficio relativo si assottiglia. In pratica, il tempo che i ragazzi trascorrono a fare i compiti alla loro scrivania tende a non essere collegato all'andamento complessivo di un sistema scolastico Altri dati interessanti emersi dall’indagine: si fanno più compiti alle superiori (dove è richiesto più studio individuale e spazi di riflessione), nelle scuole private, nelle aree urbane. E i ragazzi passano più tempo alla scrivania, che impegnati in attività complementari: sportive, ricreative, o in lezioni di ripetizione. Tuttavia l’organizzazione fa notare come la possibilità di studiare a casa possa trasformarsi spesso in una frattura, che separa chi può dai meno fortunati: il lavoro assegnato a casa avvantaggia coloro che possono contare sul sostegno della famiglia, su ambienti domestici adeguati e tranquilli, sulla disponibilità di tempo e, spesso, risorse. Il suggerimento dell’Ocse è di incoraggiare studenti sfavoriti a completare i lavori assegnati, garantire la disponibilità di spazi adeguati se a casa non ce ne sono e spiegare ai genitori come motivare e sostenere i propri figli.

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