Ogni tanto mi capita di pensare ai famigliari delle vittime del Ponte Morandi, a Genova. Penso a loro, ai sopravvissuti e a tutti quelli a cui quel maledetto ponte e quel maledetto giorno hanno rovinato la vita, con un crollo che è stato prima un tonfo e poi è diventato un tanfo che si è allagato dappertutto, nella politica, nelle provocazioni giornalistiche, nelle polemiche. Ci ho pensato quando ho sentito Oliviero Toscani dire “ma a chi interessa che caschi un ponte, smettiamola”, ho pensato se quel smettiamola sia un imperativo anche per loro, per i famigliari e i sopravvissuti, che devono smetterla di dolersi in pubblico.
Ci penso anche ogni volta che la discussione politica ha bisogno di sventolare i morti come un clava, ci penso anche quando li conto: 43 morti e 566 sfollati sono numeri da mal di testa, una tragedia dalle proporzioni gigantesche che sembra essere stata contabilizzata e messa tranquillamente nel cassetto. E chissà se Toscani (e tutti gli incauti commentatori che trattano quelle vittime con poca cura) ha mai riflettuto che la vicenda del "Ponte Morandi" è una storia in cui il ponte c'entra poco e niente, è una storia di 43 famiglia che si sono ritrovate monche, è una vicenda di persone che mancano ogni mattina ai propri figli e ai propri genitori, non è roba da infrastrutture. Ci sono vite drammaticamente cambiate dentro questa storia, oltre agli errori strutturali, alla mancata manutenzione, ai problemi di traffico e alle riflessioni sulla gestione delle nostre autostrade. C'è vita vera. E morte, vera.
Egle Possetti, presidente del comitato Ricordo vittime Morandi, ha detto: «Ogni giorno ci aspettiamo, ormai da quasi 18 mesi qualche nuova pensata, ogni tanto qualcuno usa i nostri morti per mettersi in mostra o per comunicare idiozie – afferma Possetti in una nota – stasera ho sentito registrate delle esternazioni, inopportune e confuse di Toscani, ovviamente a lui potrà non interessare che sia caduto un ponte in Italia nel 2018, potrebbe essere che lui viaggi sempre in elicottero, in effetti passare su un ponte francamente è un po’ da “plebei”, purtroppo tanti italiani ci viaggiano ogni giorno e qualche persona sotto quel ponte ci è rimasta per sempre, certamente non per qualche strano fulmine vagante, 43 morti innocenti per lui conteranno poco, ma per noi erano tutto».
Che dolore c'è in una risposta così. Bisognerebbe avere cura delle vittime e dei sopravvissuti. Trattarli con cura.