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Giulio Regeni, inizia domani il processo: il governo si costituisce parte civile accanto alla famiglia

Inizierà giovedì 14 ottobre il processo per la morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano torturato e ucciso in Egitto nel febbraio del 2016. In aula non saranno presenti i 5 militari egiziani accusati del rapimento e dell’omicidio. L’Egitto infatti non ha voluto fornire gli indirizzi degli indagati per impedire all’Italia di notificare loro gli atti del processo.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Cinque anni e otto mesi dopo la morte di Giulio Regeni, ricercatore italiano torturato e ucciso al Cairo nel febbraio del 2016, inizia domani il processo nei confronti di Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif accusati del sequestro. Presso la terza sezione della Corte di Assise di Roma, la Presidenza del Consiglio ha fatto sapere di volersi costituire parte civile al fianco della famiglia Regeni. Una decisione non ufficializzata solo per non urtare la sensibilità dei genitori di Giulio. La famiglia Regeni aveva chiesto infatti alle associazioni di non costituirsi parte civile per non allungare i tempi del processo: la vicinanza dello Stato, però, avrebbe ben altro significato. Per la prima volta in Europa sarà processato l'intero sistema di governo egiziano: in aula si parlerà dei cinque militari egiziani come simbolo di un intero sistema politico.

Non sono presenti gli agenti dell'intelligence egiziana accusati dell'omicidio. In aula si esamineranno in questa prima fase proprio le questioni preliminari ma di fondamentale importanza come l'assenza degli imputati in aula e i motivi dietro il rapimento e l'uccisione. Nei confronti degli accusati è stato costruito un compendio investigativo fatto di documenti, testimonianze e altre prove che saranno verificate durante il dibattimento. L'assenza degli imputati in aula è frutto di una mancata collaborazione da parte dell'Egitto. Il Paese infatti non ha voluto comunicare neppure gli indirizzi dei militari per poter notificare loro gli atti. Nonostante l'impossibilità di recapitare i documenti del tribunale, il giudice ha convenuto che l'ampio clamore mediatico fosse sufficiente come notifica.

L'avvocato della famiglia Regeni ha chiesto di sentire il presidente Al Sisi e suo figlio Mahmood. Chiamato a testimoniare anche l'allora ministro degli interni Ghaffar. Chiamati in qualità di testimoni anche tutti i presidenti del Consiglio italiani che si sono succeduti in questi cinque  anni (Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi) e i ministri degli Esteri. La Procura ha chiesto di interrogare nel contraddittorio tutti i testimoni che hanno aiutato i Ros e lo Sco a ricostruire la vicenda. Si tratta di teste la cui identità è ancora segreta che hanno raccontato di aver visto Giulio nei nove giorni di prigionia prima che fosse ucciso. Chiamato in aula anche l'ambulante che lo ha tradito, Mohammed Abdallah, che lo ha venduto agli egiziani e tutti coloro che hanno lavorato con lui fino al giorno della sua morte.

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Le motivazioni dietro il rapimento

La competenza del caso resta nelle mani della magistratura italiana, tutelata dai codici e dalle convenzioni sottoscritte da Italia ed Egitto. Sarà quindi Roma ad occuparsi del lungo processo Regeni. Il ricercatore è stato prima rapito e poi ucciso: alla base del sequestro, la volontà di intimidirlo per avere informazioni. Negli scorsi giorni è stata ascoltata a Cambridge Maha Abdelrahaman, tutor di Giulio Regeni.

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