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Omicidio Giulia Cecchettin

Giulia Cecchettin scompare nel racconto del femminicidio: Turetta dimostra che per lui era solo un oggetto

Nelle dichiarazioni di Filippo Turetta l’ex fidanzata Giulia Cecchettin scompare. Dal racconto del suo femminicidio emerge chiaramente come il suo assassino la percepisse soltanto come un oggetto.
A cura di Margherita Carlini
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Avevo pensato di rapire lei e poi successivamente, dopo qualche tempo toglierle la vita […] dovevo farle inevitabilmente del male”. Con queste parole Filippo Turetta ammette di aver incontrato la sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, il pomeriggio dell’11 novembre 2023, con la precisa volontà di ucciderla.

Ricostruisce quei momenti riferendo in aula ciò che ha raccolto nei mesi in carcere, in un lungo memoriale. È con la medesima fredda premeditazione che ha scritto, come ammette, la lista degli orrori, il 7 novembre, pochi giorni prima di ucciderla.

Una lista di oggetti da acquistare e di cose da fare per poter portare a termine il rapimento e il femminicidio dell'ex fidanzata. Lo scotch, di due tipi, particolarmente resistenti per “immobilizzarla”, i 2 coltelli “per essere sicuro”, la corda per legare, i sacchi dell’immondizia “per disfarmi di tutto”, le cartine geografiche, il cibo, i soldi da prelevare al bancomat, ma anche i regali da dover consegnare a Cecchettin quella sera per convincerla a tornare con lui.

Giulia Cecchettin
Giulia Cecchettin

Per descrivere che cosa lo abbia spinto a comporre quella lista Turetta afferma che gli “faceva piacere scrivere queste cose, fare queste ipotesi perché mi tranquillizzava pensare che le cose potessero cambiare, non andare avanti allo stesso modo”. Ecco che la morte di Giulia Cecchettin e il suo femminicidio vengono percepiti come la soluzione inevitabile per poter porre fine alla propria sofferenza.

“In quel momento volevo tornare insieme a lei, soffrivo molto e provavo risentimento, molto, verso di lei che non voleva, lo ammetto, avevo rabbia perché soffrivo […], io incolpavo lei indirettamente di non riuscire a portare avanti la mia vita”. Nelle dichiarazioni rese la ragazza scompare, non riusciamo a trovarla in queste parole se non in funzione di Turetta, in base cioè a ciò che fosse accettabile secondo lui.

Cecchettin non viene mai nominata, Turetta non pronuncia mai il suo nome, con un comportamento, questo, chiaramente indicativo della depersonalizzazione posta in essere nei confronti della sua ex ancora prima di ucciderla.

La ragazza non è una persona, con dei diritti, tra i quali quello di poter decidere di interrompere la relazione e di continuare la propria vita, coltivando le proprie passioni e realizzando i propri sogni, ma un oggetto che aveva senso di esistere solo se funzionale ai suoi scopi.

Filippo Turetta
Filippo Turetta

Il femminicidio di Giulia Cecchettin, togliere la vita ad una ragazza di vent’anni, viene definito da Turetta come “questa cosa” che doveva servire a “sfogare” la sua frustrazione.

Così, in riferimento alla sera in cui l'ha uccisa, su domanda esplicita del pubblico ministero, riferisce però di non aver avuto una certa volontà di ucciderla. “La cosa che volevo era tornare insieme”, perché questo avrebbe placato la sua sofferenza e quindi la sua rabbia, almeno per un po' di tempo.

Ma non era ciò che Cecchettin voleva e glielo aveva comunicato più volte anche prima dell’11 novembre. Lei stava andando avanti con la sua vita, aveva in progetto di proseguire i suoi studi e si stava sentendo con un altro ragazzo e quindi, esclusa questa eventualità, per Turetta non doveva avere scampo.

I giorni precedenti l’omicidio compila la sua lista, quel pomeriggio chiede all'ex fidanzata di vedersi al centro commerciale e poi di fermarsi in macchina “per parlare ancora un po'”, per consegnarle quei regali (una piccola scimmietta, un libro illustrato e una piccola lampada) che aveva riposto in uno zaino.

Ma nell’altro zaino rinvenuto nella sua auto, Turetta aveva inserito tutto ciò che poteva servirgli per immobilizzarla e ucciderla. Racconta infatti come nel tragitto tra Vigonovo (luogo in cui inizia l’aggressione mortale) e Fossò (dove Giulia Cecchettin viene finita con un totale di 75 coltellate) lui le abbia allontanato il telefonino, impedendole quindi di poter chiedere aiuto e di come Giulia provasse disperatamente a salvarsi, arrivando anche a gettarsi dall’auto mentre lui procedeva a bassa velocità perché nel frattempo stava cercando di metterle dello scotch sulla bocca “perché non dicesse niente”.

Il racconto mono tono reso in aula da Turetta, con la testa rivolta perennemente verso il basso denota così la sua totale incapacità di provare empatia, di mettersi nei panni dell'ex fidanzata, di rispettarne il pensiero, il volere, la volontà e la vita. Turetta riferisce oggi di aver deciso di uccidere Cecchettin perché lei, scegliendo di non tornare insieme a lui lo faceva soffrire, per questo doveva essere punita: “Soffro io, devi soffrire pure tu”.

Il papà di Giulia Cecchettin, Gino
Giulia Cecchettin insieme al padre Gino.

Quel malessere, quella frustrazione, derivanti, a suo avviso, dal fatto di “perdere il rapporto”, potevano avere un contenimento solo in due modi. O tornando ad avere l'ex, ossessivamente nella sua vita, o eliminando Cecchettin. Impedendole, prima con lo scotch sulla bocca e poi causandone la morte di dire parole che lui non voleva sentirle dire.

Un riferito, quello di Turetta in aula, messo insieme da tanti “non ricordo”, da molte contraddizioni, da tanti pezzi persi di quella ricostruzione, soprattutto in quei passaggi che potrebbero aggravare ulteriormente la sua posizione, come ciò che concerne la dinamica dell’omicidio, la premeditazione (prima palesata e poi ritrattata) o il numero di coltellate. Un riferito che se da un lato ci spiega, almeno in parte, il funzionamento di Turetta, dall’altro lascia spazio al legittimo dubbio che questo memoriale possa rientrare, nonostante tutto, in una precisa strategia.

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Sono Psicologa Clinica, Psicoterapeuta e Criminologa Forense. Esperta di Psicologia Giuridica, Investigativa e Criminale. Esperta in violenza di genere, valutazione del rischio di recidiva e di escalation dei comportamenti maltrattanti e persecutori e di strutturazione di piani di protezione. Formatrice a livello nazionale.
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