Omicidio Giulia Cecchettin

Giulia Cecchettin, il minuto di “rumore” e l’omaggio degli studenti all’Università: “Era ed è una di noi”

In migliaia questa mattina hanno riempito il piazzale del dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova per ricordare Giulia Cecchettin. Gaudenzio Meneghesso, direttore del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, dove si trovava il corso di laurea della 22enne, a Fanpage.it: “Doveva solo discutere la tesi, le daremo la vera laurea”.
A cura di Chiara Daffini
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Presidio per Giulia Cecchettin all'Università di Padova
Presidio per Giulia Cecchettin all'Università di Padova
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Avanzano lenti fino a riempiere l'intero piazzale del dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova. Sono migliaia e dopo l'omicidio della loro compagna di studi Giulia Cecchettin non hanno intenzione di tacere. Al canonico minuto di silenzio rispondono con un minuto di rumore: quello di chiavi, mani, urla, seguendo l'esempio della sorella della vittima, Elena, che sui social ha anche detto: "Io non starò mai zitta, non mi farete tacere".

E così le parole, per Giulia e per quello che ha subito, escono a fiumi. Il primo a esprimersi è Gaudenzio Meneghesso, direttore del dipartimento di Ingegneria dell'Informazione, dove si trovava il corso di laurea di Giulia, in Ingegneria Biomedica.

Lo fa, in attesa del presidio, ai microfoni di Fanpage.it: "Giulia aveva fatto l'esame con me a luglio in Fondamenti di elettronica, l'ha passato molto bene e ce l'ho ben impressa. Veniva spesso da me a chiedermi informazioni ed esercizi, una studentessa brillante. Se la sua famiglia sarà d'accordo, noi daremo a Giulia la vera e propria laurea, non una in memoria o ad honorem, perché di fatto la ragazza aveva completato tutto l'iter di studi, doveva solo discutere la tesi".

Tesi che, dice a Fanpage.it la relatrice di Giulia, la professoressa Silvia Todros, era incentrata sullo sviluppo di materiali per la tracheotomia. Ma altro Todros non si sente di rivelare, visibilmente emozionata. Così come si chiudono nel silenzio le amiche e gli amici più stretti di Giulia, quelli che con lei condividevano giornate di studio e socialità.

Gli amici di Giulia Cecchettin al margine del presidio che si è tenuto in università
Gli amici di Giulia Cecchettin al margine del presidio che si è tenuto in università

Il ricordo di un compagno di corso: "Giulia era una dormigliona"

L'unico a lasciare un ricordo è Davide, che interviene durante il presidio: "Mi chiamo Davide e ho conosciuto Giulia in aula i primi giorni di università, circa tre anni e qualche mese fa. E voglio dire che spesso nei giornali, quando succedono cose del genere, la vittima viene spesso idealizzata. Si raccontano tante cose che magari non sono vere, però di Giulia posso dire, io che l'ho conosciuta personalmente, che era una ragazza tanto tanto dolce".

"Le foto che sono state prese e usate, girate nei social e sui giornali – continua Davide – non sono foto in cui era in posa, ma sono foto della sua quotidianità, col quel sul sorriso vero. Oggi vorrei condividere con voi un ricordo di lei nella quotidianità: Giulia era una dormigliona, in aula, spesso durante le pause, le piaceva appisolarsi ed era veramente tenero vederla dormire con la testa tra le braccia sul banco, insieme anche altri amici.  È un gran bel ricordo, Giulia meritava di essere felice, però se oggi siamo tutti qui è perché questo non è successo e questo non va per niente bene".

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"Giulia uccisa dalla cultura dello stupro"

Prima di Davide, nel corso del presidio, prende la parola la presidente del consiglio degli studenti Emma Ruzzon: "Giulia non è scomparsa – dice la ragazza – perché Giulia è stata uccisa, è vittima di femminicidio e credo che chiamarla scomparsa o chiamare follia o mostruosità o raptus o momento difficile ciò che ha portato a ucciderla sia mancare di rispetto a lei e a tutte le altre vittime, nascondendo quello che è un problema".

"Perché quello che l'ha uccisa – continua la giovane davanti a tutta l'Università di Padova –  è la cultura dello stupro e la cultura dello stupro è una cultura in cui siamo immersi tutti e tutte da quando nasciamo e non possiamo farci niente. Non c'è un modo per fuggire da una cultura che al suo apice ha l'uccisione, ma che si regge su una serie di atteggiamenti quotidiani che siamo educati a tollerare, a sopportare, a giustificare, a incoraggiare e che sono la pacca sul sedere non richiesta, le battute sessiste, la possessività di un ragazzo che non ti lascia uscire la sera, andare a denunciare e sentirsi chiedere come eri rivestita e quanto avevi bevuto, se avevi detto no esplicitamente anche se stavi urlando e stavi piangendo. Abbiamo il coraggio di farle notare queste cose, di alzare la voce, perché questo è quello che succede e credo che questo minimo di coraggio quotidiano sia quanto è dovuto a Giulia e a tutte le altre".

"Sentivamo il bisogno di esserci, Giulia poteva essere chiunque di noi"

Giulia Cecchettin
Giulia Cecchettin

Nel mare di studenti in tanti non avevano mai conosciuto di persona Giulia. "Ma sentivamo il bisogno di esserci", dicono a Fanpage.it.

Come Tommaso: "Dal mio punto di vista era giusto essere qui oggi perché è un evento che ci ha coinvolti da vicino. Ci riguarda tutti. Era una ragazza molto giovane, molto vicina a noi d'età e penso che sia necessario per tutti farsi un esame di coscienza. Perché insomma, da uomo tutti più o meno le abbiamo fatte tutte queste battutine e anche se la maggior parte di noi magari non avrebbe compiuto un gesto così estremo abbiamo contribuito tutti comunque nel passato a creare un ambiente che favorisce queste cose".

E Alessia: "Ho sentito il bisogno di esserci perché Giulia poteva essere chiunque di noi, una mia compagna di corso, la persona a cui ho prestato la penna il primo giorno di lezione e il suo omicidio mi ha toccato nello specifico perché aveva la mia età, perché frequentava questi spazi, gli stessi che frequento io, perché, banalmente, potevo essere io".

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