Giudice morta suicida, il marito indagato per maltrattamenti: “In crisi per ciò che subiva da tempo”
"Parlai con la sua donna delle pulizie, all'obitorio di Pesaro, mi raccontò tutto il dramma di Francesca, la sua crisi, la sua profonda depressione per ciò che era costretta a subire da tempo". A parlare è Carlo Perrella, cugino e amico di Francesca Ercolini, la giudice 51enne, originaria di Campobasso, presidente della Seconda sezione civile al tribunale di Ancona, morta suicida nella sua casa di Pesaro lo scorso 26 dicembre.
A trovare il corpo senza vita furono il marito della donna, un avvocato di 56 anni molto noto in città, e il figlio adolescente. L'uomo, a un anno da quella tragica scoperta, risulta indagato dalla Procura de L'Aquila, competente per territorio sui casi relativi a magistrati delle Marche, per maltrattamenti ai danni della moglie, ed un separato procedimento pende presso il Tribunale dei Minori a carico del ragazzo concorrente nel reato, dopo la denuncia presentata dai familiari.
Come ha dichiarato Perrella, stando a quanto riporta Il Corriere della Sera, "venne ad agosto dell’anno scorso a inaugurare un busto dedicato a mia madre, l’ex consigliera regionale del Molise Angiolina Fusco Perrella, morta nel 2021. Io stesso mi accorsi di certi lividi in volto. Il figlio ha dei problemi ma lei non ne voleva parlare".
Secondo l’ipotesi dell'accusa, il marito avrebbe sottoposto Ercolini " a una vita non conforme alla normale esistenza". Gli inquirenti hanno raccolto soprattutto le dichiarazioni di alcuni familiari, fornite in sede di sommarie informazioni, a partire dalla mamma della giudice. A lei mandava messaggi su WhatsApp, con tanto di video e altro prezioso materiale che si è conservato "per mezzo di quotidiano backup consigliato dalla vittima perché se ne abbia memoria".
Dalle chat sarebbero emerse tracce inequivocabili di lividi ed escoriazioni su varie parti del corpo, che "sarebbero il risultato delle violenze domestiche cui era sottoposta la donna". All'indagato e alle persone offese è stato notificato recentemente l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. Ma prima di arrivare a questa fase, ci sarebbe stata una battaglia in Procura a L'Aquila. Il pm titolare a aveva chiesto la custodia cautelare in carcere a carico dell’avvocato Ruggeri per sei presunti tentativi d’inquinamento delle prove ma il capo dell’ufficio aveva respinto l’istanza, riassegnando il fascicolo a un collega.