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Giovanni Scattone ci ripensa: “Non sono sereno, rinuncio alla cattedra a Roma”

A causa delle polemiche dopo l’incarico di docenza in una scuola di Roma, Giovanni Scattone – condannato a cinque anni e quattro mesi di reclusione per omicidio colposo nell’ambito del caso dell’uccisione di Marta Russo – rinuncia all’incarico.
A cura di Biagio Chiariello
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Il professor Giovanni Scattone non insegnerà alla facoltà di Psicologia all'Istituto Luigi Einaudi di Roma. E’ stato lui stesso a rinunciare all’incarico, a seguito dell’ondata di polemica innescatasi nei giorni scorsi dopo l’annuncio del conferimento dell’incarico ottenuto grazie alla Buona Scuola di Renzi. "Con grande dolore ed amarezza – dice Scattone, assistito dall'avvocato Giancarlo Viglione – ho preso atto delle polemiche che hanno accompagnato la mia stabilizzazione nella scuola con conseguente insegnamento nell'oramai imminente anno scolastico. Il dolore e l'amarezza risiedono nel constatare che, di fatto, mi si vuole impedire di avere una vita da cittadino ‘normale'".

"Ho sempre ritenuto – spiega Scattone – che per essere un buon insegnante si debba anzitutto essere persona serena. Oggi, in ragione di queste polemiche, non ho più la serenità che mi ha contraddistinto nei dieci anni di insegnamento quale supplente: anni caratterizzati da una mia grande soddisfazione anche e soprattutto legata al costruttivo rapporto instauratosi con alunni e genitori. Ed allora – annuncia – se la coscienza mi dice, come mi ha sempre detto, di poter insegnare, la mancanza di serenità mi induce a rinunciare all'incarico per rispetto degli alunni che mi sono stati affidati. Così – prosegue il docente – questo Paese mi toglie anche il fondamentale diritto al lavoro. Dopo la tragedia che mi ha colpito, solo la speranza mi ha dato la forza di andare avanti. Anche oggi – conclude – vivrò con la speranza che un giorno la parte sana di questo Paese, che pure c'è ed è nei miei tanti ex alunni che in questi giorni mi sono stati vicini e nella gente comune che mi ha manifestato tanta solidarietà, possa divenire maggioranza".

Scattone dopo l'omicidio Russo

La studentessa Marta Russa fu uccisa da un colpo di pistola il 9 maggio del 1997 mentre passeggiava nei cortili dell'università La Sapienza. Condannato nel 2003 a cinque anni e quattro mesi di reclusione per omicidio colposo nell’ambito del caso, Scattone aveva ripreso in mano la sua vita dopo aver scontato la pena, lavorando come supplente in un liceo scientifico. Alcuni genitori degli studenti dell’istituto capitolino in cui avrebbe dovuto insegnare si erano detti basiti, ma per la Preside l’uomo ha tutto il diritto di farlo poiché come tanti altri ha vinto un concorso: “L’ho appena scoperto e sono basita. Un po’ di paura ce l’ho e per questo voglio sentire al più presto cosa dice la scuola”.

Le reazioni del ministro Giannini e della mamma di Marta

La mamma di Marta Russo aveva commentato così: “È assurdo che continui a insegnare. Non è la prima volta e ancora restiamo sconvolti. Non si può pensare che una persona del genere, che non ha neanche mai chiesto perdono, possa fare l’educatore. Tra l’altro con un posto fisso”. A difenderlo anche il ministro Stefania Giannini: “Sarei tranquilla se mia figlia fosse nella scuola dove insegna il professor Scattone”. E ancora: “Ha espiato la condanna che non prevedeva l’interdizione dai pubblici servizi”. Del resto a Scattone questo ruolo spettava di diritto, in quanto vincitore di un concorso indetto dal Miur. Ma alla fine le polemiche e gli attacchi sono state più forti di ogni altra cosa.

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