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Giovanni, 5 anni: il bambino che può mangiare solo patate e latte

Giovanni, 5 anni, a causa di una rara patologia a lungo ha potuto mangiare solo patate e latte. Ora che ha affrontato un trapianto di fegato, però, ha subito chiesto alla madre un piatto di lasagne.
A cura di D. F.
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Latte o patate. Patate o latte. Per quattro anni la dieta di un bambini di appena 5 anni è stata composta da solo questi due ingredienti e no, non è stata una decisione frutto di chissà quale teoria bislacca, bensì un'esigenze del bimbo, che chiameremo Giovanni, che fin dalla nascita è affetto da colestasi intraepatica familiare progressiva di tipo I (PFIC1), patologia rarissima che colpisce un bambino ogni 100.000. Per chi ne è affetto, il flusso biliare dal fegato all’intestino è interrotto a causa di un difetto genetico: la bile rimane quindi nel fegato e lo intossica, compromettendone le funzioni.

Ancor prima di compiere un anno Giovanni aveva già dovuto affrontare un trapianto di fegato: nonostante ciò due anni fa la malattia si è ripresentata con maggior aggressività, come spesso accade ai bambini affetti da questa patologia. Non è scontato, infatti, che il trapianto sia risolutivo e quando l'alimentazione non è perfetta le conseguenze sono molto spiacevoli, con scariche di dissenteria improvvise. Per questo Giovanni è stato costretto a mangiare per quattro anni patate e latte, tanto che la madre – per rendere questi due elementi vagamente interessanti – ha dovuto inventare cento ricette: "Negli ultimi mesi, nonostante la dieta strettissima, le condizioni di Giovanni erano ulteriormente peggiorate. Riusciva a mangiare pochissimo. Il suo addome era sempre più gonfio e non vedevamo alcun miglioramento".

L'intervento risolutivo – ovvero un trapianto di fegato associato a una derivazione interna dell’intestino – è stato effettuato all’Ismett, l’Istituto mediterraneo per i trapianti e terapie ad alta specializzazione di Palermo. "Normalmente i bambini che soffrono di questo tipo di patologia – spiega al Corriere Jean de Ville de Goyet, leader dell’equipe che ha eseguito l’operazione – possono beneficiare della deviazione della bile all’esterno, creando una stomia sull’addome; ovvero viene creata un’apertura per poter mettere in comunicazione l’intestino con l’esterno che scarica la bile all’interno di una sorta di sacchetto. Negli ultimi anni è stato proposto di deviare la bile nel colon, ma quest’intervento è solitamente proposto a bambini non trapiantati. Nel caso di Giovanni, vista anche la sua giovanissima età, abbiamo scelto di realizzare nello stesso tempo questi due interventi essenziali , ovvero di agire sul canale della bile al momento del trapianto, e fare in modo che la bile scarichi direttamente nel colon. Questo consentirà al piccolo di non avere più dissenteria cronica, di tornare a una dieta normale e gli permetterà di non avere alcun drenaggio esterno. Il che sicuramente migliorerà la sua qualità di vita". A certificare i progressi è stato proprio il bambino che, appena svegliato dall'anestesia, ha chiesto di poter presto mangiare un piatto di lasagne.

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