Giorgio Parisi (Lincei) a Fanpage.it: “Il picco della terza ondata arriva tra una settimana”
"Raggiungeremo il picco in 7/10 giorni e, grazie ai vaccini, avremo un minor numero di morti di Covid". A spiegarlo, in un'intervista rilascia a Fanpage.it, il professor Giorgio Parisi, presidente dell’Accademia dei Lincei e tra i fisici italiani più stimati nel mondo, scienziato che fin dall’inizio dell'emergenza sanitaria si è dedicato allo studio dei numeri e dell'andamento del contagi dell’epidemia di Sars Cov 2. L'abbiamo intervistato nel pieno della terza ondata. E insieme a lui abbiamo parlato non solo di contagi e vaccini, ma anche del pericolo di una quarta ondata e della necessità di un nuovo protagonismo dell'industria farmaceutica pubblica che si concentri solo sulla salute, e non invece sui profitti.
Parisi: "Il picco dei contagi in 7/10 giorni"
Siamo nel pieno della terza ondata. Secondo le sue previsioni quando raggiungeremo il picco dei contagi?
È molto difficile fare una previsione precisa rispetto alla data in cui raggiungeremo il picco dei contagi perché rispetto a 20 giorni fa il governo ha preso provvedimenti che sono stati in grado di rallentare l'aumento dei casi, che ora è di circa il 10% a settimana a fronte di un +20% di terapie intensive ed ospedalizzazioni. La crescita c'è, quindi, ma fortunatamente è contenuta. I provvedimenti che son stati presi un paio di settimane fa hanno rallentato la crescita dell’epidemia, e mi aspetto che il picco delle infezioni venga raggiunto tra 7/10 giorni, dopodiché dovrebbe iniziare la discesa per effetto delle zone arancioni e rosse introdotte lunedì scorso.
La campagna di vaccinazione potrebbe avere già un effetto positivo sulla mortalità?
Sicuramente sì, anche se non siamo ancora in grado di misurare questo effetto. Certo, è positivo che in tutte le regioni siano cominciate le vaccinazioni agli over 80 e che in alcune di esse quasi il 50% dei soggetti più fragili abbia ricevuto la prima dose del vaccino. L'aumento della mortalità quindi sarà più contenuto.
Il governo Draghi ha ereditato il sistema delle zone e dei colori e oggi mezza Italia è in fascia arancione e l'altra metà in quella rossa: reputa queste misure efficaci o sarebbe stato meglio imporre un nuovo lockdown nazionale?
Le zone rosse colpiscono molto la popolazione nella socialità, negli affetti e naturalmente anche nell'economia. Navighiamo tra Scilla e Cariddi, dobbiamo evitare il più possibile che le persone muoiano di Covid, ma al contempo non causare troppi danni a cittadini esausti con un nuovo lockdown. I sistema dei colori mi sembra ragionevole e credo stia funzionando. In Umbria l'introduzione della zona rossa alcune settimane fa ha avuto un effetto strepitoso facendo calare i contagi, idem nella Provincia Autonoma di Bolzano. Dobbiamo guadagnare tempo e arrivare a dopo Pasqua, quando dovrebbero essere disponibili vaccini da somministrare a tutta la popolazione over-80.
Parisi: "Vaccinare over 80 e lavoratori esposti"
Come giudica la campagna vaccinale italiana?
Sono due gli obiettivi da perseguire: dobbiamo ridurre al massimo le vittime del Covid somministrando vaccini a mRna, come quelli di Pfizer e Moderna, ad anziani e soggetti più deboli; contemporaneamente dobbiamo bloccare i contagi con gli altri vaccini ad Adenovirus (AstraZeneca e J&J). Per questo credo sia giusto vaccinare non solo con il criterio dell'età, ma anche tenendo conto delle professioni. Ciò, per esempio, ci potrebbe permettere di riaprire prima le scuole, la cui chiusura ha rappresentato un danno gravissimo. Mi lasci fare una proposta…
Prego.
Bisogna che qualcuno si rimbocchi le maniche e studi i dati dell’Inail. Vanno individuate le categorie professionali che in questo anno di pandemia sono state più esposte al contagio, ad esempio i lavoratori e le lavoratrici dei supermercati. A questi andrebbe somministrato un vaccino a mRNA. Così otterremmo un duplice effetto: proteggerli dalla malattia ed interrompere la catena dei contagi.
Quarta ondata, Parisi: "È un pericolo concreto, potrebbe arrivare a Natale"
Si parla sempre più spesso di una quarta ondata…
È un'eventualità, potrebbe arrivare. Una quarta ondata potrebbe essere connessa alla nascita di una nuova variante di coronavirus più resistente ai vaccini attualmente in uso, che andrebbero a quel punto aggiornati in tempi rapidi. Potrebbe accadere a Natale 2021, per questo è fondamentale attrezzarsi per tempo, fare scorta di milioni di dosi di vaccini e poi valutare un richiamo il prossimo autunno. Potrebbe non servire, ma sarebbe drammatico farsi trovare impreparati. Credo che dovremmo impegnarci per chiudere tutti i possibili spiragli alla diffusione di una nuova variante. Solo così potremmo scongiurare l'incubo di una quarta ondata di contagi.
Le società farmaceutiche rifiutano di condividere i brevetti e ciò sta ritardando la distribuzione dei vaccini nel sud del mondo. Quali sono i pericoli di una strategia simile?
La questione è estremamente complessa. Moderna ha dichiarato lo scorso ottobre che per tutta la durata della pandemia ogni casa farmaceutica potrà usare i suoi brevetti, ma nessuno finora l’ha fatto. Il motivo è che non basta il brevetto, occorrono knowhow e tecnologie che purtroppo non si possono improvvisare in pochi mesi. Cedere i brevetti è fondamentale sul lungo termine, ma adesso è necessario stringere accordi direttamente con le industrie del settore già pronte ad avviare la produzione su larga scala.
Nel mondo miliardi di persone non hanno nessun accesso al vaccino e in molti paesi non è arrivata neppure una fiala. Cosa dovrebbero fare le nazioni più ricche?
Bisogna vaccinare tutto il mondo e arrivare ad una immunità di gregge planetaria. Nei paesi del sud America, vicino all'equatore e nel
Brasile del Nord l'epidemia ha raggiunto livelli altissimi. Le morti annuali in Perù sono raddoppiate: è come se da noi fossero morte
600.000 persone. Non è solo un dovere morale bloccare l'epidemia nel terzo mondo: è una questione di pura autodifesa. Fino a quando l'epidemia continuerà su grande scala, il virus continuerà a mutare, a diventare potenzialmente più contagioso e/o più letale. Non è possibile contenere le varianti. Sono stati firmati contratti per circa 5 miliardi di persone. 2 miliardi di persone sono scoperte. A secondo del vaccino, vaccinarli costa da 6 miliardi a 30 miliardi di dollari. Non vaccinarli è sia un crimine che un atto di miopia. I paesi del G7 devono tirare fuori i soldi e potenziare l'iniziativa di Covax.
Parisi: "Servono industrie farmaceutiche pubbliche che non puntino ai profitti"
La pandemia ha evidenziato le difficoltà degli stati nel fornire una risposta efficace anche a causa della dismissione delle industrie farmaceutiche pubbliche?
È un tema fondamentale: nei paesi più sviluppati occorrono industrie farmaceutiche di Stato. Servirebbero a due cose: la prima è fare concorrenza alle aziende private, calmierando i prezzi dei medicinali; la seconda a dirigere le ricerche sui nuovi farmaci verso l'utilità e non verso il profitto. Le aziende farmaceutiche stanno lì anche per fare i soldi, ma ci sono malattie orfane che colpiscono poche persone e sulle quali non si investe a sufficienza. Così come credo che si investirà sempre meno nello sviluppo di nuovi antibiotici. Eppure in questo l'Italia avrebbe anche una storia importante…
A cosa si riferisce?
Noi abbiamo avuto una fabbrica di Penicillina a Roma, sorgeva sulla Tiburtina e la volle nel 1950 il professor Domenico Marotta, all'epoca direttore dell'Istituto Superiore della Sanità. Il nostro paese fece quindi un tentativo di avviare una produzione di farmaci con un'industria di Stato, ma questa iniziativa non piacque alle case farmaceutiche e alla lunga venne fatta naufragare. Fu un errore. Oggi avremmo bisogno non solo di siti di produzione, ma di un'intera filiera pubblica che sia in grado di avanzare nelle sperimentazioni di fase 1, 2 e 3 sviluppare nuovi farmaci che andrebbero poi distribuiti gratuitamente o venduti a prezzo politico.