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Omicidio Giulia Cecchettin

Gino Cecchettin non perdona Filippo Turetta: “Stalking e premeditazione erano evidenti”

L’intervista del papà di Giulia Cecchettin, all’indomani della condanna all’ergastolo di Filippo Turetta, per il Corriere della Sera. Gino oggi incontrerà il Ministro Valditara dopo le polemiche di qualche giorno fa.
A cura di Biagio Chiariello
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"La capacità di perdonare o ce l’hai per dono di madre natura, o la conquisti raggiungendo un livello talmente alto da fare un salto di qualità come persona. Io questo salto non l’ho ancora fatto. Per questo mi è difficile anche solo immaginare il perdono". Così Gino Cecchettin risponde all’inviato del Corriere della Sera che gli chiede se un giorno riuscirà mai a perdonare Filippo Turetta, l’uomo che ha ucciso sua figlia Giulia e che ieri è stato condannato in primo grado all’ergastolo.

Al 22enne veneto è stata inflitta la pena massima, anche se i giudici della Corte d’Assise di Venezia non hanno riconosciuto l’aggravante della premeditazione, ma hanno invece confermato quelle della crudeltà e degli atti persecutori. Per il padre di Giulia, però, "c’erano entrambe le aggravanti. E lo stalking era indiscutibile. Se non lo è con centinaia di messaggi al giorno e 75 coltellate, allora non so davvero cosa serva per configurarlo", afferma nell’intervista. Tuttavia, riconosce che "il pm ha fatto un ottimo lavoro, e agli inquirenti va tutta la mia gratitudine".

Cecchettin si sofferma anche sulle tensioni con l’avvocato Giovanni Caruso, difensore di Turetta, ammettendo di essersi sentito "ferito" da alcune affermazioni del legale:

"Ha detto che Turetta non è Pablo Escobar. Non ho capito il senso di questo paragone con un trafficante di droga. Mi è sembrato fuori luogo, così come il discorso sulla premeditazione, legato a una presunta incertezza di Filippo nel compiere il delitto. Avrebbe detto ‘intanto faccio questa lista, poi vediamo come va’. Come quando esci con gli amici e decidi all’ultimo se andare in pizzeria o al ristorante. Non mi è sembrato appropriato".

Nonostante ciò, i due si sono chiariti e hanno stretto la mano: "Ha capito di aver urtato la mia sensibilità. Credo che così dovrebbero fare le persone civili: trovare un punto di convergenza anche quando ci sono distanze", spiega ancora Cecchettin.

A Turetta, invece, non ha più nulla da dire, anche perché "ora so anche perché l’ha fatto. La risposta è tutta nella descrizione che gli esperti hanno dato di lui, un narcisista all’inverosimile. Parlare con lui significherebbe comunque rivangare il passato. E poi, dal momento che Giulia non c’è più, nessuna sua risposta potrebbe darmi conforto", afferma.

A breve Cecchettin vedrà Giuseppe Valditara "e con lui spero di parlare anche di alcuni argomenti", sottolinea. Un chiaro riferimento alle parole di qualche giorno fa del Ministro dell'Istruzione e del Merito, secondo il quale l’aumento delle violenze sessuali è “legato anche a forme di marginalità” che derivano “da una immigrazione illegale”.

Su Turetta, è intervenuto anche l'avvocato Stefano Tigani, legale di parte civile per Gino Cecchettin, parlando di "una sentenza giusta, severa, all'ergastolo, quella ci aspettavamo. Ovviamente rimane la perplessità sulla questione delle due aggravanti non riconosciute, la crudeltà e lo stalking. In particolare sulla crudeltà i presupposti secondo me erano assolutamente evidenti, ma leggeremo le motivazioni".

E sul futuro del 22enne, "adesso non interessa, ci deve pensare lui, avrà tempo per riflettere in carcere. L'ergastolo non è il carcere a vita: una persona condannata può dare prova di risocializzazione e accedere alla liberazione condizionale, se meriterà di accedervi. Dipende da lui, ora è un soggetto altamente pericoloso, lo ha dimostrato, di grave pericolo per la società – ha concluso – quindi la pena dell'ergastolo è quella giusta".

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