Gimbe: “Fase critica della pandemia di Covid tra inverno, variante Omicron e terze dosi in ritardo”
Crescono tutti gli indicatori della pandemia, ma aumentano anche le vaccinazioni contro il Covid. Il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe di questa settimana, rivela che i nuovi casi sono in aumento in tutte le Regioni tra Friuli Venezia Giulia, Provincia di Bolzano e Molise. Crescono anche i ricoveri, sia in area medica che in terapia intensiva, e le vittime quotidiane del virus. Il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, lancia l'allarme: "Da due mesi continuano ad aumentare i nuovi casi con una media mobile a 7 giorni che passa da 2.456 il 15 ottobre a 17.795 il 14 dicembre". Nonostante la pressione sugli ospedali stia aumentando in senso assoluto, diminuisce la percentuale di positivi al virus che finiscono ricoverati: "Questo dato è verosimilmente da imputare all’incremento delle terze dosi, che riportano l’efficacia a valori più elevati", spiega ancora il medico.
Boom di prime e terze dosi, la campagna vaccinale torna a correre
Le buone notizie arrivano sul fronte della vaccinazione: il numero degli italiani vaccinati – in totale e non solo tra i vaccinabili – è dell'80,5%. Le Regioni hanno rispettato i target fissati dal generale Figliuolo e non solo, li hanno anche superati. Questo grazie al boom di terze dosi, con la campagna di vaccinazione che è definitivamente decollata da quel punto di vista, con l'apertura a tutti gli over 18 di inizio dicembre. Ma anche grazie a quegli italiani che stanno decidendo adesso di vaccinarsi contro il Covid: il numero dei nuovi vaccinati è salito a 236.606 (+5,8%) rispetto ai 223.116 della scorsa settimana.
Ci sono, però, ancora milioni di persone che stanno aspettando o che preferiscono non vaccinarsi contro il Covid: parliamo di quasi 6,4 milioni di italiani che non hanno ricevuto neanche una dose, tra cui ci sono 2,45 milioni di over 50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione in caso di infezione. Anche perché l'efficacia del vaccino resta determinante per uscire dalla pandemia: nelle persone vaccinate con ciclo completo (più eventuale dose di richiamo), rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce l’incidenza di diagnosi (del 65,5-76,1%) e soprattutto di malattia grave (dell’82,9-93,3% per ricoveri ordinari; dell’89,9-97,1% per le terapie intensive) e decesso (del 78,9-96,7%).
Variante Omicron, cosa sappiamo fino a oggi e perché bisogna essere cauti
Il monitoraggio della Fondazione Gimbe fa il punto anche sulla variante Omicron. Per quanto riguarda la trasmissibilità, spiegano, i dati epidemiologici provenienti dal Sudafrica e da alcuni Paesi europei mostrano che la variante Omicron è più contagiosa della Delta con un tempo di raddoppio dei casi attualmente stimato intorno a 2-3 giorni. Dal punto di vista immunitario sembra emergere una maggiore incidenza di reinfezioni in persone guarite e una ridotta efficacia dei vaccini. Ma la protezione dovrebbe risalire nettamente dopo la terza dose. Sulla severità della malattia non ci sono ancora certezze, anche se i dati africani fanno ben sperare. Ma attenzione, mettono in guardia dalla Fondazione: anche se la malattia fosse più lieve, l’aumento consistente dei casi potrebbe comunque determinare un incremento in termini assoluti delle forme severe, con conseguente sovraccarico ospedaliero.
Cartabellotta: "Regioni aumentano posti letto per non cambiare colore"
A riassumere lo stato delle cose è ancora il presidente di Gimbe: "Il nostro Paese è entrato in una fase critica della pandemia per la convergenza di vari fattori – spiega Cartabellotta – la stagione invernale, gli oltre 6 milioni di non vaccinati, il netto ritardo iniziale nella somministrazione delle terze dosi, le imminenti festività natalizie che aumenteranno contatti sociali e contagi e, soprattutto, la progressiva diffusione della variante Omicron che secondo l’ECDC diventerà prevalente in Europa entro i primi due mesi del 2022". In questo contesto, le ultime misure del governo, "che mirano ad innalzare la protezione nei confronti del virus, non hanno modificato i criteri per assegnare i colori alle Regioni, definiti quando non erano noti il declino dell’efficacia vaccinale e la necessità delle terze dosi e non incombeva la minaccia di una variante così preoccupante". Perciò questi "criteri lasciano alle Regioni la massima autonomia nell’aumentare la disponibilità di posti letto per ridurre i tassi di occupazione, con il rischio di congestionare silenziosamente gli ospedali e limitare l’accesso alle cure ai pazienti non Covid".