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Giancarlo Siani, le parole e il silenzio

La sera del 23 settembre del 1985, pochi giorni dopo aver compiuto 26 anni, un giovane giornalista veniva ucciso sotto la propria abitazione, nel quartiere Vomero di Napoli: il suo nome era Giancarlo Siani.
A cura di Nadia Vitali
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Come si può ricordare Giancarlo Siani senza correre il rischio di essere retorici? Senza ripetere quelle frasi commemorative, certamente sentite dalla comune sensibilità, ma tutto sommato già ascoltate in quei numerosi discorsi commossi che caratterizzano la nostra storia di unità nazionale? Sì, perché il nostro paese, suo malgrado, si ritrova a fare spesso i conti con i propri eroi, con le proprie storie più o meno misteriose, con i propri delitti più o meno risolti, specchio di una democrazia e di una libertà che, ancora oggi, stentano ad essere vere protagoniste.

Di lui, di quel ragazzo sorridente con la mehari verde, si è già detto tanto. Un toccante film di Marco Risi ne ripercorre gli ultimi giorni di vita, mettendone in luce l'impegno ma anche l'entusiasmo con cui un giovane può naturalmente trovarsi ad affrontare il proprio lavoro, aspettando magari l'impiego sognato ed il contratto; un  lavoro in cui già mostrava di avere un talento speciale che ne faceva una promessa del giornalismo. Pochi anni prima, nel 2004, un altro lungometraggio dal triste titolo E io ti seguo: ricordando come nessuno si è preoccupato di seguire le inchieste di quel giovane appassionato fino in fondo, eccezion fatta per coloro che ne decretarono la condanna a morte.

A Giancarlo Siani sono state intitolate scuole, aule, strade ed un premio giornalistico ne tiene viva la memoria; dolorosamente, tuttavia, al pensiero di un giovane che venne lasciato a combattere contro quell'enorme ed infallibile sistema che è la malavita organizzata, soltanto in compagnia della propria macchina da scrivere. Eppure, Giancarlo, con le sue parole era pericoloso al punto che l'unica strada che trovarono per contrastarlo, in quella notte di 26 anni fa, fu ridurlo al silenzio per sempre.

Se fosse ancora vivo, tra di noi, se ancora potesse scrivere e parlare, di lui forse non si direbbe che è un eroe; in pochi, probabilmente, terrebbero a mente l'importanza delle sue inchieste, solo alcuni guarderebbero con commozione al suo impegno, alla sua ricerca di giustizia in una terra in cui il cattivo passato è sempre pronto a tornare e tiranneggiare i suoi figli, cancellando quei frammenti di progresso che, di tanto in tanto, arrivano. Non tutti ne riconoscerebbero il valore perché, come è accaduto troppo spesso nella nostra storia, si aspetta che queste persone che compiono il proprio dovere senza cedere ai compromessi diventino degli «eroi involontari» per iniziare a parlarne e per ricordarli come meritano, finalmente. Siamo sempre in attesa di un evento tragico che ci desti.

Da noi i giusti iniziano a comunicare a tutti solo quando non hanno più la possibilità di farlo; le parole di Giancarlo, così, i suoi articoli, hanno iniziato a diventare di ognuno. Magra consolazione ma, se non altro, possiamo affermare che nessun killer spietato è riuscito a fare in modo che quel giovane imboccasse la via del silenzio: Giancarlo Siani ci parla ancora, ogni volta che ci concediamo il lusso di cercare giustizia, laddove sembra che questa non arriverà mai.


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